La città riparte nel segno della sua identità profonda
Il ritorno della statua apre una nuova stagione Karadjov: «Valorizzare il patrimonio artistico»
La Leonessa — come Giosuè Carducci chiama Brescia in una delle Odi barbare — si rialza, ferita, e spicca il volo. La Vittoria le presta le sue lunghe ali piumate per prendere distanza da quella pandemia che l’ha sbattuta in prima pagina per tasso di dolore e numero di vittime. Questo è il momento di guardare oltre.
«Il ritorno della Dea alata, dopo più di due anni di restauri all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, rappresenta per la città un segno tangibile di rinascita e un auspicio di ripresa», afferma Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei.
Organismo che riunisce i luoghi-simbolo della città: il complesso monumentale di Santa Giulia, scrigno stratificato di tesori, che da solo vale un viaggio; la Pinacoteca Tosio Martinengo, custode — tra i Lotto, i Moretto, i Romanino — pure di due Raffaello; il Castello medievale, già teatro nel 1849 della rivolta antiaustriaca delle Dieci Giornate, e Brixia, il parco archeologico di Brescia romana, dove a novembre il Capitolium accoglierà la Vittoria alata nel nuovo, grande allestimento di Juan Navarro Baldeweg.
Capitolium che è il Tempio Capitolino in cui lo splendido bronzo del I° secolo dopo Cristo (quasi due metri di altezza) fu nascosto per 1400 anni e, nel 1826, ritrovato in seguito a una campagna scavi all’interno di un’intercapedine, insieme a sei teste imperiali. «Una scoperta che generò scalpore e fece da sottofondo emotivo e culturale a quegli istinti di libertà, di riscossa patria, che portarono la città a diventare medaglia d’oro del Risorgimento», aggiunge Karadjov.
Un simbolo, insomma, fin da subito di identità territoriale e orgoglio civico. «Questa straordinaria figura di donna ha per noi un valore sacrale. E anche stavolta la sua forza attrattiva ha indicato alla città la direzione da prendere, rafforzando la consapevolezza dell’importanza della valorizzazione del patrimonio storico-artistico come base per la ripartenza dopo l’emergenza», dichiara Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei.
Musei che si propongono come luoghi sicuri e accessibili, dove la Bellezza diventa la via per la vita. «In attesa della Vittoria Alata» aggiunge Bazoli «i nostri musei, tra i primi ad aprire in Italia, hanno contribuito alla ripartenza socioculturale della città, sperimentando nuove modalità di fruizione in piccoli gruppi guidati: un privilegio, prima, appannaggio di sole visite private».
Il ritorno a casa della statua — una delle opere più importanti della romanità, ammirata da Carducci, d’Annunzio (che ne volle per se stesso una copia) e Napoleone III — è salutato da un articolato programma di iniziative. All’omaggio a Juan Navarro Baldeweg
Francesca Bazoli
«I nostri musei hanno varato un nuovo modo di vivere la cultura, nel rispetto delle regole»
si affiancano, dal gennaio 2021, il progetto Palcoscenici archeologici del bresciano Francesco Vezzoli, artista tra i più apprezzati del panorama internazionale, e in primavera, nell’ambito del Brescia Photo Festival, la mostra «Imperivm Romanvm» dell’austriaco Alfred Seiland. Un viaggio attraverso centocinquanta immagini nei territori dell’ex Impero Romano, dalla Siria fino alla Scozia, per riflettere sul rapporto tra uomo e rovine: «per gli abitanti un’abitudine visiva, per i turisti un feticcio, per le infrastrutture un ostacolo».
A settembre sarà la volta della grande rassegna dal titolo «Vittoria. Il lungo viaggio di un mito: indagine sulla fortuna iconografica di un modello», dal più profondo passato all’età moderna e contemporanea.
Tutto questo in contemporanea ad altri ambiziosi progetti: il corridoio di collegamento tra parco archeologico e Santa Giulia, la copertura della corte monumentale della Pinacoteca Tosio Martinengo e la campagna per Bergamo e Brescia (significativamente insieme nell’era post emergenza Covid 19) capitali italiane della cultura 2023.