«Così le abbiamo regalato nuova vita»
Francesca Morandini, che ha curato il restauro: importanti scoperte
Il prossimo 19 novembre sarà di nuovo nella sua Brescia, la città che la ospita da duemila anni, dopo un restauro iniziato a luglio del 2018 nell’Opificio delle pietre dure di Firenze. Intorno al preziosissimo bronzo della Vittoria Alata, ritrovato nel 1826, a seguito di una avveniristica campagna di scavi archeologici finanziata da privati, ha lavorato un’équipe composta da una trentina di specialisti — tra restauratori, chimici, ingegneri, storici e archeologi — coordinati dall’archeologa Francesca Morandini, della Fondazione Brescia Musei.
«Occorreva sostituire la struttura interna a sostegno della statua e liberare il bronzo cavo del materiale (argilla, resine e terracotta) inserito 180 anni fa per poter esporla in piedi: le braccia e le ali della Vittoria — ritrovate, all’epoca, separatamente dal resto del corpo —, rischiavano praticamente di spezzarsi e di far cadere il manufatto», ricorda Morandini, responsabile del servizio collezioni e aree archeologiche della Fondazione.
Si è deciso di entrare nella Vittoria attraverso i suoi piedi, un pertugio relativamente grande, per effettuare il microscavo: via il supporto ottocentesco ed il materiale (praticamente, un peso di 150 chili); così, per la prima volta, è stato possibile osservare la statua dal suo interno.
«Grazie ad una serie di radiografie, sono stati notati, e subito trattati, dei piccoli cedimenti dovuti al sostegno interno: importantissimi per la realizzazione del nuovo scheletro della Vittoria», ricorda l’archeologa.
A questo punto, è partita la collaborazione tra il dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale dell’università de La Sapienza di Roma e l’azienda bergamasca Capoferri. «Grazie ad un mix di ingegnerizzazione e artigianalità si è arrivati ad uno scheletro tecnologico in acciaio, che parte dalla nuca della statua e arriva fino al basamento, sul quale poggiano i piedi della Vittoria».
C’è anche un ulteriore accorgimento (ma sarà invisibile agli occhi dei visitatori perché nascosto da un cilindro in marmo Botticino) per la stabilità della Vittoria alata: una base antisismica, realizzata da una ditta giapponese, composta da nove piastre metalliche.
Un ultimo regalo del restauro della Vittoria, pronta a tornare nel suo Capitolium (là dove era stata trovata) per essere ammirata in tutta la sua imponenza (è alta poco meno di due metri), è il cosiddetto frammento di terra di fusione: «Sono terre che ci permettono di conoscere la provenienza della statua e quando è stata realizzata», conclude l’esperta.