La partita dei 7 leader Tutti i duelli incrociati
Il voto di oggi e domani è anche un test importante per i sette leader. Dal premier Giuseppe Conte che si è inabissato durante la campagna, ma l’esito del voto peserà anche su di lui. Luigi Di Maio punta sul Sì per rilanciarsi e respingere Di Battista. Per Nicola Zingaretti il compito è difendere la Toscana per non far riaprire la caccia alla guida dem. Matteo Salvini è stato più accorto rispetto al voto in Emilia con l’obiettivo di restare primo. Diventare grandi oltre il recinto della destra è l’obiettivo di Giorgia Meloni. Dopo la vittoria sul virus Silvio Berlusconi è oltre i rischi della politica. Matteo Renzi alla battaglia per sopravvivere.
Per sua fortuna, Giuseppe Conte non è Massimo D’Alema, che dovette lasciare Palazzo Chigi nel 2000 per aver perso 8 a 7 le Regionali. Lui può sperare di restare dov’è anche perdendo 5 a 1. Sono i vantaggi del non essere un leader politico, ma un quasi tecnico, un premier un po’ per caso, che dunque non risponde delle sconfitte della sua parte. E infatti Conte si è inabissato durante la campagna elettorale, è scomparso, ha tentato di far perdere le sue tracce, per affermare il principio che il governo non c’entra niente con le Regioni, come un consumato doroteo. Ma neanche se fosse l’Uomo invisibile Conte potrà evitare conseguenze politiche in caso di débâcle. Se con un 3 a 3 canterebbe vittoria, un 4 a 2, col Pd che tiene solo Campania e Toscana, rafforzerebbe la spinta per un rimpasto (al Nazareno molti maggiorenti pensano sia arrivata l’ora di fare i ministri). Con un cinque a uno, e la caduta della Toscana rossa, il ricambio potrebbe essere così radicale da richiedere una vera e propria crisi di governo. Scenario vaso di Pandora. Ma con il Recovery fund in ballo, Conte potrebbe perfino ripetere il miracolo di succedere a sé stesso.