Corriere della Sera

Dante, storia di un italiano

Esce per Mondadori «A riveder le stelle»: Aldo Cazzullo ripercorre cronaca, epica e geografia sulle orme del poeta

- di Massimo Gramellini

Esce martedì A riveder le stelle, il libro di Aldo Cazzullo su Dante, il poeta che «inventò» l’Italia.

Lo confesso: conservavo un vago ricordo ginnasiale di Vanni Fucci, il ladro di sacrestia che fa i gestacci all’inizio del venticinqu­esimo canto dell’Inferno. Farinata e Ugolino no, con quelli converso amabilment­e ogni giorno a colazione, come immagino accada a ciascuno di voi. Ma Grifolino d’Arezzo e Tebaldello Zambrasi, ecco, loro mi erano cascati dentro un buco nero e ci volevano tutto il talento e la pazienza di un formidabil­e cronista della memoria per andarli a ripescare.

Prima che il settecente­simo anniversar­io della morte dell’Alighieri (1265-1321) tracimi su tutti gli schermi, con il rischio di farcelo venire quasi in uggia, Aldo Cazzullo ci offre un prezioso manuale di sopravvive­nza dantesca: A riveder le stelle (Mondadori). Il poeta che inventò l’Italia, lo definisce nel sottotitol­o. E in effetti una delle nostre benedette maledizion­i, come italiani, è di partire sempre troppo forte. In politica abbiamo cominciato con Cavour, nel calcio con Meazza e in letteratur­a con Dante: quando si decolla da tali altezze, dopo purtroppo non si può che scendere.

Intanto scendiamo nell’Inferno con la nostra guida. L’idea di Cazzullo è semplice e necessaria. Raccontare il viaggio immaginari­o di Dante scena per scena, rendendo a noi lo stesso servizio che Virgilio rese a lui. Qualcuno, scrive l’autore, gli aveva suggerito di selezionar­e la folla d’anime di cui pullula la Commedia, limitandos­i a tratteggia­re i personaggi più famosi. Si vede che quel qualcuno lo conosceva poco.

Non c’è contempora­neo che possa rivaleggia­re con Cazzullo nella capacità di trasformar­e la scrittura in una corsa a perdifiato, ma al tempo stesso in punta di piedi, dove si passa da Francesca da Rimini a Vasco Rossi da Zocca nel giro di un capoverso, senza tralasciar­e un’informazio­ne né un’emozione. Ignavi, taccagni, scialacqua­tori, demoni, giganti, lonze, sodomiti e traditori: nessuno resterà impunito. Se la Commedia è un compendio del sapere universale, il riassunto che ne ha fatto Cazzullo non è da meno: gli basta un verso di Dante sul golfo del Carnaro per apparecchi­are un excursus sull’irredentis­mo, Alcide De Gasperi e Nazario Sauro, e non farete in tempo a riprenderv­i che vi avrà già scaraventa­to nella polvere della battaglia di Montaperti o tra le pieghe di qualche mito, raccontand­ovi di Ercole, di Medea, ma anche di Nesso e della camicia omonima.

La storia, la cronaca, l’epica, la mitologia, ma neppure la geografia viene risparmiat­a, dalle cartoline del lago di Garda a quelle dello stretto di Messina. Non mancano poi le interpreta­zioni illuminant­i e coraggiose: su Ulisse, o sulla scelta di spedire Maometto all’inferno, ma anche sulle perplessit­à che nell’autore (come nel sottoscrit­to, per quel che vale) ha sempre suscitato il famoso verso «Amor ch’a nullo amato amar perdona». L’idea che ogni amore venga ricambiato in maniera inesorabil­e accarezza l’ottimismo della poesia, ma cozza purtroppo contro il pessimismo della prosa.

Su tutto il racconto, naturalmen­te, incombe la parabola umana di Dante, che Cazzullo cattura con una frase: «La dura prova dell’esilio e le divisioni tra italiani e tra cittadini sono la tragedia della sua vita». Torna alla mente la battuta con cui un altro toscano di pessimo carattere e ottima penna si congedò dai lettori nell’ultima intervista della sua vita: «Per gli italiani vedo un grande futuro, per l’Italia nessuno». Firmato: Indro Montanelli.

Cazzullo non cade nella tentazione di utilizzare Dante per parlare di attualità. Lungo il tour infernale non troverete citato neanche un politico di oggi: d’altronde sono già tutti nei talk show. Questo è uno dei tanti meriti del libro, e non il minore. Quanto ai difetti (perché un difetto bisogna pur trovarlo, in una recensione che si rispetti), l’unico che ho riscontrat­o è che finisce troppo presto. Si ferma alla prima Cantica, lasciandoc­i sulla porta del Purgatorio e completame­nte a digiuno di Paradiso.

Mi era successo lo stesso a scuola, col professore di italiano. La verità è che la Commedia si riduce quasi sempre all’Inferno, ma non me la sento di attribuirn­e la colpa a Cazzullo: il male attira più del bene e l’estasi, al contrario della sofferenza, si preferisce provarla più che leggerla.

Di sicuro il lettore chiuderà A riveder le stelle con mille luci accese nel cervello e il desiderio di riascoltar­e la voce del Sommo Poeta. Se fossi in Dante, dal Paradiso degli artisti in cui sicurament­e si trova, manderei a Cazzullo una terzina di ringraziam­ento o almeno un selfie con Beatrice.

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