«Si crea squilibrio tra Parlamento e potere esecutivo»
Si vota oggi e domani per approvare le modifiche agli articoli 56,57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari che passerebbero da 630 a 400 alla Camera e da 315 a 200 al Senato. Le urne saranno aperte oggi dalle 7 alle 23 e lunedì 21 dalle 7 alle 15. Per votare saranno necessari la tessera elettorale, un documento di identità e la mascherina. È un referendum confermativo per il quale non è previsto alcun quorum: la votazione sarà valida a prescindere dalla percentuale dei votanti.
Cesare Mirabelli, presidente emerito della Corte costituzionale, perché voterà no? Cosa non la convince di questo taglio dei parlamentari?
«Perché è una riforma isolata che forse ne prevede altre ma non si sa quali e in che modo. E poi...».
Poi?
«È una riforma che riduce la presenza della rappresentanza, riduce la pluralità di voci. Se avrà successo si dovrà mettere mano ai regolamenti parlamentari, ma in che modo? Prendiamo le commissioni del Senato».
Prendiamole...
«Molte commissioni parlamentari hanno una funzione direttamente legislativa. Con questo taglio dovranno essere necessariamente accorpate, altrimenti ci troviamo che in una commissione possano essere pochissimi senatori che decidono di fare o non fare una certa legge. Ma, appunto, nessuno ci ha detto in che modo verranno fatti gli accorpamenti, rivisti questi regolamenti».
Pensa quindi che sia un problema di numeri?
«Non è il numero in se in assoluto a determinare la funzionalità, certamente. Ma il punto è che per fare questa riforma hanno preso il numero dei parlamentari da tagliare rifacendosi a una riforma che prevedeva una riforma ben più ampia, poiché modificava il bicameralismo del nostro Parlamento. Ma non è tutto.
Cos’altro?
«C’è lo squilibrio tra Governo e Parlamento».
In che senso?
«Il Parlamento sta diventando sempre di più un organo che ratifica le direttive del Governo. Un giorno la presidente di Palazzo Madama si è lamentata del suo Senato che “non toccava palla”. Beh, non vorrei che a ranghi ridotti il rischio non sia di non toccare palla, ma proprio di non scendere in campo, di non giocare più».