Spadafora: «Nessun liberi tutti Presto le regole per gli altri sport»
Decisivo il vertice tra governatori e ministri, dal 7 ottobre la riapertura sarà progressiva e riguarderà anche le discipline al chiuso
Un vertice d’emergenza, per provare a recuperare sulle Regioni che erano in fuga sulla fascia. E poi la decisione di riaprire, con prudenza, gli stadi italiani.
Ministro Vincenzo Spadafora, il Veneto e la Lombardia avevano deciso, dopo l’Emilia Romagna, la riapertura degli stadi. È stata una decisione giusta o vi ha colto di sorpresa?
«L’apertura a mille spettatori per eventi singoli era già prevista dall’equiparazione dello sport agli eventi culturali. Non era prevista per le partite di campionato, considerando anche che mille è un numero simbolico, ma a fronte della decisione di alcune Regioni abbiamo con i colleghi Speranza e Boccia avanzato l’idea di aprire su tutta Italia, per equità sportiva e come sperimentazione in vista del prossimo decreto della presidenza del Consiglio. Nei prossimi giorni daremo una linea anche per serie B e Lega Pro».
Ma il Cts non aveva rinviato ad ottobre l’apertura degli stadi?
«Sì, intendendo per riapertura quella proposta dalla Figc, ovvero una percentuale significativa sulla capienza reale degli stadi. Stiamo parlando di altri numeri, che spero si possano consentire da ottobre dopo l’analisi delle curve post riapertura scuole. Deve essere chiaro che non c’è nessun liberi tutti, la situazione epidemiologica europea non consente passi falsi. Abbiamo un obiettivo chiaro: consentire la partecipazione del pubblico per tutti gli sport e per tutte le categorie attraverso un protocollo unico che abbia come criterio quello della percentuale degli impianti».
Non c’è stato un eccessivo ritardo nel consentire l’accesso agli stadi? In fondo, i cinema sono aperti ed è stata necessaria l’ordinanza veneta.
«Continuiamo a muoverci con la stessa cautela che ci ha consentito di chiudere la scorsa stagione e ripartire ora in sicurezza. Rivendico la prudenza, e nel confronto con gli altri Paesi europei possiamo dire di esserci mossi bene».
Il governo è stato tiepido con Bonaccini, un atteggiamento molto diverso rispetto ai presidenti della Sardegna e del Piemonte, di cui si sono impugnate le ordinanze. Due pesi e due misure?
«L’ordinanza di Bonaccini si muoveva all’interno dei numeri previsti dal Dpcm: 1000 all’aperto e 200 al chiuso. Onestamente una soluzione ragionevole, tanto che l’abbiamo allargata per tutti».
La Lega calcio chiede chiarezza e dice che «il caos regna ancora sovrano».
«La linea condivisa è stata quella di ragionare sulla riapertura ad ottobre. La mia attenzione è stata costante e continua per il calcio e per tutti gli sport».
Mancanza di dialogo, dice la Lega. Non vi siete sentiti?
«Penso ci incontreremo nei prossimi giorni, ma il mio primo interlocutore è il presidente della Federazione Gravina, con cui il dialogo è costante. Ricordo ad esempio la norma sul corridoio per i calciatori stranieri, senza la quale il campionato non sarebbe ripartito, o la richiesta di diminuire la frequenza dei tamponi che abbiamo portato con forza al Cts e che penso potrà essere accolta».
Il caso sportivo è un altro fai-da-te delle Regioni e un altro caso di conflitto StatoRegioni. Come si può rimediare?
«I presidenti delle Regioni hanno margini di intervento, come è giusto che sia. Ciò che riguarda tutto il Paese è bene che sia condiviso, e in questo caso lo abbiamo fatto nell’arco di poche ore, anche grazie al fondamentale lavoro di coordinamento del ministro Boccia. Più che di conflitto parlerei di cooperazione».
Da quando gli eventi sportivi non saranno più a porte chiuse?
«Speriamo, con numeri e regole ben precise, dal prossimo Dpcm, dal 7 ottobre».
Capienza massima mille e 700 al chiuso?
«Ragioneremo su percentuali di capienza, non su numeri assoluti».
Mascherina obbligatoria? Niente striscioni e prenotazione obbligatoria?
«Vedremo col Cts le regole precise».
Gli altri sport saranno equiparati?
«Le regole varranno per tutte le discipline, come è giusto che sia. Lo ripeto sempre: lo sport non è solo il calcio, il calcio non è solo la serie A».
No ai conflitti
I governatori hanno margini di intervento: ma più che conflitto parlerei di cooperazione