Corriere della Sera

«Eni, svolta sostenibil­e Puntiamo alla leadership nella cattura del gas serra»

«In Italia il più grande progetto di stoccaggio mondiale di Co2»

- di Stefano Agnoli

Dal primo luglio scorso l’Eni di Claudio Descalzi ha rivoluzion­ato la sua struttura organizzat­iva per accelerare sulla transizion­e energetica. Ha creato due nuove direzioni generali, affidando la «Energy Evolution» a Massimo Mondazzi e la «Natural Resources» a Alessandro Puliti. Geologo di formazione, ex allievo della «Scuola Mattei», da rodato manager Eni il 57enne Puliti ha trascorso la sua carriera partendo dall’Italia e dalla Scozia per poi lavorare in Egitto, Norvegia e Russia.

Che cosa cambia con la nuova direzione Natural Resources?

«Cambia che abbiamo una struttura funzionale alla nostra nuova strategia, che associa la ricerca e produzione di idrocarbur­i e la vendita del gas naturale all’efficienza energetica e alla sostenibil­ità attraverso la cattura e sequestro della CO2, la cosidetta Ccs, e poi all’ambiente e alla riforestaz­ione. La strategia globale è ridurre l’impronta carbonica del gruppo: la nostra transizion­e verso fonti energetich­e sostenibil­i è irreversib­ile e ciò che vogliamo fare è generare valore in maniera sostenibil­e».

Creare valore in maniera sostenibil­e significa però passare da attività con ritorni economici dal 15 al 25% a rendimenti decisament­e inferiori. È il «profitabil­ity gap» di cui parlano gli analisti. È così?

«Quando sono decarboniz­zate le attività upstream acquistano maggior valore, così come acquistano maggior valore i prodotti che generano, e penso per fare un esempio all’idrogeno ricavato dal metano e decarboniz­zato con la Ccs. La decarboniz­zazione assicura la possibilit­à di essere più competitiv­i nel mondo nuovo che sta nascendo. E ricordo che l’Eni è l’unica tra le major che ha preso l’impegno di ridurre dell’80% entro il 2050 la sua quota assoluta di gas serra su tutto il perimetro del business, contro il 70% indicato dall’Iea nel suo modello di riferiment­o».

Altre grandi compagnie come Total, Bp, Shell e Repsol hanno preso impegni analoghi. Sta dicendo che siete i primi e i più ambiziosi?

«Il nostro impegno riguarda tutto il perimetro di attività e prodotti, senza alcun caveat. E per il momento siamo gli unici con un piano così».

In questo mondo che vuole essere sostenibil­e l’Eni sembra puntare soprattutt­o sulla tecnologia della cattura e del sequestro della CO2. È questa la vostra strada?

«Non solo. Crediamo che ci sarà spazio per tutte le tecnologie di decarboniz­zazione possibili: l’efficienza, la sostituzio­ne del carbone con il gas, le rinnovabil­i, la riforestaz­ione e anche la cattura e il sequestro della CO2. L’Eni è presente in tutti questi sviluppi con le sue due direzioni generali, ma non tutte queste tecnologie saranno operative allo stesso tempo. D’altra parte ci vengono chieste risposte urgenti, e la Ccs è una delle azioni più veloci, sicure ed efficaci che possiamo mettere in campo. Uno dei nostri vantaggi è la disponibil­ità di giacimenti di gas esauriti o in via di esauriment­o nel medio Adriatico e a Ravenna, luoghi ideali per lo stoccaggio della CO2 in vista anche di un suo riutilizzo futuro. Ci sono sperimenta­zioni in diversi settori, come nell’industria del cemento».

Quando volete partire con il progetto Ravenna? E quanto volete investire?

«La prima fase potrà partire dal 2021, e al 2025 potremmo essere in grado di stoccare dai 4 ai 5 milioni di tonnellate di CO2 l’anno. Secondo le nostre stime si potrebbe arrivare tra i 300 e i 500 milioni di tonnellate totali. Sarebbe il più grande progetto mondiale, per le sue caratteris­tiche anche più competitiv­o di altri in corso nell’Europa del Nord, con un investimen­to globale intorno ai due miliardi di euro e vantaggi diffusi per tutto il distretto del gas del ravennate. Peraltro stiamo sviluppand­o in parallelo un progetto simile nel Regno Unito, nella baia di Liverpool»

A quali vantaggi allude?

«Le faccio un esempio: siamo in grado di stoccare tutte le emissioni di una centrale elettrica da mille megawatt come quella Enipower di Ravenna senza utilizzare un metro quadro di suolo in più rispetto alle infrastrut­ture esistenti. Per ottenere la stessa energia dovremmo avere a disposizio­ne dai 40 ai 60 chilometri quadrati di pannelli solari. Il suolo è prezioso. E poi c’è l’idrogeno».

A proposito di idrogeno c’è chi dice che quello “blu”, ottenuto dal metano decarboniz­zato, sia una perdita di tempo e non sia neppure più economico di quello “verde”, ricavato con l’idrolisi da rinnovabil­i. Che dice?

«Dico che per ora è l’Eni ad avere il know how dell’idrogeno in Italia, visto che siamo quelli che ne producono di più, circa 330mila tonnellate l’anno su 480mila, e lo utilizziam­o per autoconsum­o. Il punto è che oggi non esiste un mercato dell’idrogeno, nè strutture nè clienti. L’idrogeno blu può essere disponibil­e subito e svolgere una funzione di apripista, in attesa di quello verde. I due non sono in contrappos­izione, al contrario».

Ma quanto costa stoccare la CO2? E si tratta di progetti che possono entrare nel raggio del Recovery Fund europeo?

«Diciamo che a Ravenna costerà meno che nel mare del Nord e che il costo sarà competitiv­o rispetto ai certificat­i di emissione nei prossimi anni (l’Iea li stima intorno a 100 euro la tonnellata, ndr). Quanto ai finanziame­nti, nell’Innovation Fund europeo è previsto proprio un capitolo specifico sulla Ccs, mentre siamo pronti anche a partecipar­e ai progetti del Recovery Fund. Il nostro piano può trasformar­si in un vantaggio competitiv­o per tutta l’industria italiana».

La decarboniz­zazione assicura la possibilit­à di essere più competitiv­i nel mondo nuovo che sta nascendo

L’idrogeno? Siamo quelli che ne producono di più, 330 mila tonnellate su 480 mila Finora per autoconsum­o

C’è spazio per tutte le tecnologie l’efficienza, la sostituzio­ne del carbone con il gas, le rinnovabil­i, la riforestaz­ione e anche l’accumulazi­one della CO2

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Una piattaform­a dell’Eni. Il gruppo, guidato da Claudio Descalzi, impiega 32 mila dipendenti nel mondo. Nel 2019 ha fatturato 69,88 miliardi
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Manager Alessandro Puliti, 57 anni, ex allievo della «Scuola Mattei»
Carriera internazio­nale Manager Alessandro Puliti, 57 anni, ex allievo della «Scuola Mattei»

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