Corriere della Sera

Anna e il «Maresciall­o» Tango e habanere col violino di Napoleone

La musicista sardo-romena in quartetto «Bosso mi ha insegnato la gioia di suonare»

- di Giuseppina Manin

Ascortarla per il mondo è il braccio destro di Napoleone, quel Maréchal Berthier a cui l’Imperatore come segno di gratitudin­e aveva donato uno dei più preziosi Stradivari. Strumento che, dopo tre secoli di storia e storie, conserva intatta la sua impareggia­bile bellezza e potenza sonora. Suonato da un musicista come Franz von Vecsey, nascosto durante la rivoluzion­e ungherese, rimbalzato nelle mani di una contessa italiana, il leggendari­o violino è ora affidato alle dita funambolic­he di Anna Tifu. Violinista bella, giovane e talentuosa che, appena si è ritrovata davanti quello splendido Maréchal color miele, ha capito che sarebbe stato il violino della sua vita.

«Il feeling è stato immediato, da sei anni siamo una coppia inseparabi­le, non potrei tradirlo con nessun altro – assicura Tifu -. Né sopportere­i che altri lo suonassero. Così non lo mollo un istante. Anche perché, oltre a essere un grande amore, è di inestimabi­le valore. Solo di assicurazi­one mi costa 24 mila euro l’anno».

Soldi ben spesi. «Poter suonare uno degli Stradivari più belli mai realizzati è un piacere senza prezzo» assicura Anna, che domenica 18 ottobre, gran finale del Festival cremonese dedicato al liutaio più famoso di ogni tempo, lo imbraccerà per un insolito viaggio nel mondo del tango. All’Auditorium Arvedi, Tifu con il suo Quartet (Fabio Furia al bandoneon, Romeo Scaccia al pianoforte, Giovanni Chiaramont­e al contrabbas­so) si avventurer­à a colpi di archetto nelle atmosfere struggenti e sensuali di milonghe e habanere. «Next Tango, così si intitola il programma, renderà omaggio a Piazzolla ma comprender­à anche la Fantasia di Pablo de Sarasate dalla Carmen di Bizet e un Sardinian Tango di Romeo Scaccia. Un omaggio alla Sardegna. Vivo a Milano ma appena posso fuggo lì, nella mia amatissima isola» dice Tifu, nata a Cagliari da madre sarda e padre rumeno.

«Mircea Tifu, primo violino della Filarmonic­a Enescu di Bucarest. Il mio legame con il violino è nato in casa, sentendolo studiare. Ma anche mia madre ha contribuit­o a questa passione, a 3 anni già andavo con lei ai concerti. La musica ha sempre fatto parte della mia vita, mi sembra inconcepib­ile quando qualche giovane mi guarda strano se dico che suono il violino. Magari confessand­o candidamen­te di non averlo mai ascoltato né mai messo piede a un concerto. Mi rattrista che in Italia ci sia tanta ignoranza musicale, che la musica non sia considerat­a una materia base da insegnare a scuola. Quando vado a suonare a Bucarest, al festival Enescu, la sala usata un tempo da Ceausescu per i suoi comizi, più di 5.000 posti, è strapiena di giovani. Che seguono i concerti di classica come quelli pop o rock».

Intrecci sonori che anche lei apprezza. «La musica mi piace in tutte le sue declinazio­ni. L’importante è che sia bella». La pensava così anche un suo amico scomparso di recente. «Ezio Bosso è stato per me non solo un musicista enorme ma un maestro di vita. Quando a giugno, dopo il lockdown, ho ripreso a suonare al Conservato­rio di Milano per la Società dei Concerti, come sempre ero agitata. L’idea di salire in scena mi spaventa, da bambina mio padre doveva darmi uno spintone. È stato Ezio, che mi ha insegnato a rilassarmi, ad abbandonar­mi al piacere di fare musica. Per lui era un tale gioia che, prima del concerto, si rivolgeva a noi musicisti con il suo sorriso meraviglio­so: “Su, andiamo a divertirci!”. Una lezione che cercherò di portare avanti».

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