La Bosman, pacchia per i calciatori, beffa per le società
Frati ricchi e convento povero, è una delle espressioni fulminanti inventate dalla fresca intelligenza dell’ex ministro socialista Rino Formica. Viene facile ripescarla in questo week end d’inizio campionato perché ci aiuta a descrivere con l’indubbio vantaggio della sintesi estrema la traballante situazione del football italiano, che presenta un paesaggio abitato da calciatori straricchi e società indebitate fino al collo. Il mercato dei trasferimenti, che si concluderà il 5 di ottobre, ha dimostrato anche agli scettici come la torta delle risorse finanziarie si stia restringendo drasticamente mentre la distribuzione dei proventi resta largamente asimmetrica. Da qui lo scambio delle figurine a cui abbiamo assistito, in cui i club fanno salti mortali per rinnovare le loro rose e nessun calciatore ha rinunciato o perso un euro. Né la crisi né il Covid sono delle livelle e il risultato è che lo show continua a rimpinguare i conti delle star e dei loro famelici procuratori, proprio mentre si prosciugano le casse dei club. I calciatori sono riusciti, infatti, grazie alla (famigerata) sentenza Bosman a sommare i vantaggi del libero mercato con quelli del protezionismo, hanno uno status giuridico che li assimila ai liberi professionisti e però possono giovarsi delle tutele tipiche dei lavoratori dipendenti. Una pacchia. Aggiungiamo a queste contraddizioni il fatto che il singolo club non gestisce direttamente la vendita dei diritti tv, una parte cospicua delle sue entrate, e ne deriva un panorama in cui il business del calcio non potrà che essere riservato a chi dispone di risorse extrabudget come gli emiri o gli oligarchi russi. Insomma l’offerta non è tutelata, le ragioni dell’impresa sono finite sotto i tacchetti e un giorno o l’altro il sistema collasserà. Per uscire dal tunnel mi hanno spiegato che servono ampie e radicali riforme e un consenso largo. Non ho dubbi ma un primo passo andrebbe fatto in questa stagione. Almeno la Bosman — so che è una sentenza e non una legge — non la si potrebbe far saltare?