Voto, si teme una bassa affluenza
Regionali e referendum, appelli social per trovare gli scrutatori. Il governo: non ci sono rischi
Seggi aperti per il referendum sul taglio al numero dei parlamentari e il rinnovo di sette consigli regionali. Il primo voto nell’era del virus. Timori per l’affluenza. Sono partiti appelli sui social per reclutare gli scrutatori. Il governo garantisce: non ci sono rischi. Alle urne con gel e mascherine. Per chi è in quarantena si potrà esercitare il diritto al voto ricevendo a casa la scheda.
La grande incognita della prima tornata elettorale ai tempi della pandemia è l’affluenza alle urne. Un inquietante prologo è andato in scena ieri, quando dal nord al sud è scattata la fuga dei presidenti di seggio e degli scrutatori. Le defezioni in massa sono state attribuite alla paura del contagio. Subito è partita la ricerca di sostituti, il Comune di Milano ha lanciato un appello sui social per coprire i posti rimasti all’improvviso vacanti, oltre 80 tra i presidenti. E in poche ore sono state raccolte disponibilità superiori alle esigenze.
Si va comunque alle urne in un clima di incertezza: 46 milioni di italiani sono chiamati a pronunciarsi sul referendum sulla riforma costituzionale che prevede il taglio dei parlamentari (non è richiesto alcun quorum), ma si vota anche per rinnovare le cariche elettive in sette Regioni (Veneto, Toscana, Marche, Campania, Liguria, Puglia e Val d’Aosta) e in 962 Comuni (fra cui i capoluoghi regionali Trento, Venezia e Aosta).
Nel gran calderone ci sono anche le suppletive i due collegi uninominali in Veneto e in Sardegna, per eleggere i sostituti di due senatori morti nei mesi scorsi, Vittoria Bogo Deledda (M5S) e Stefano Bertacco (FdI). I seggi aprono alle 7 di oggi fino alle 23 e di nuovo domani, dalle 7 alle 15.
Numerosi i temi politici in ballo: dalla tenuta del governo ai rapporti fra le sue anime litigiose; dalla rincorsa del centrodestra a Palazzo Chigi alla sfida fra gli alleati Lega e Fratelli d’Italia. Sul voto incombe il clima pesante del Paese ancora in grande sofferenza per l’emergenza sanitaria e per le conseguenze economiche. Ieri mattina, quando sono arrivati i primi dati sulle defezioni ai seggi, è scattato l’allarme rosso, si è temuto per il regolare svolgimento della tornata elettorale. In molte zone infatti le rinunce hanno sfiorato il 70% (a Bari per esempio). A Firenze un terzo dei presidenti si è dichiarato indisponibile, a Imperia oltre il 60 per cento. Anche il Comune di Genova, come quello di Milano si è affidato ai social per invitare i volontari farsi avanti. Intanto a Potenza una presidente di seggio è risultata positiva. Tutti i componenti della sezione sono stati sostituiti.
In serata dal Viminale, quando sono stati raccolti i riscontri sull’insediamento dei seggi, trapelava un certo ottimismo, anche se — osservano dalla prefettura di Bari — «qualche disagio sarà inevitabile, la situazione è nuova per tutti». In molte città, oltre ai volontari della Protezione civile, sono stati allertati anche i dipendenti comunali, ma secondo gli ultimi dati emersi la situazione sembrerebbe sotto controllo, anche perché — spiega un dirigente della prefettura di Genova — «in questi mesi in tanti hanno perso il lavoro, il compenso previsto per chi lavorerà ai seggi è comunque una boccata d’ossigeno e in molti si sono fatti avanti». Resta però l’incognita della partecipazione degli elettori: quanti rinunceranno per paura del contagio? Dopo mesi di allarme e appelli a evitare le situazioni a rischio c’è il timore che soprattutto fra gli anziani e le persone fragili prevalga la voglia di restare a casa, anziché recarsi al seggio.