Corriere della Sera

Il (quasi) lockdown varato a Madrid Restrizion­i e controlli per 850 mila abitanti

- Andrea Nicastro

Non è ancora un nuovo lockdown, ma qualcosa che ci assomiglia molto. Da oggi, a Madrid, più di un abitante su dieci potrà uscire di casa «solo per cause di forza maggiore». Vale a dire: lavorare, studiare, fare la spesa, curare persone malate. Sulle strade, alle fermate di autobus e metrò ci saranno controlli di polizia. L’esercito è in preallarme. Chi entra o esce dai sei quartieri e dagli otto comuni satellite dove il virus è più diffuso dovrà dimostrare la necessità dello spostament­o. «Se va all’università dovrà avere il tesserino da studente, se va a lavorare la lettera di assunzione» spiegano nei commissari­ati. In caso di violazione multe salatissim­e, dai 600 euro in su. Nelle nuove «zone rosse» il contagio ha colpito più di una persona su 100. Bar e ristoranti chiuderann­o alle 22 e non si potrà consumare birra e tapas in piedi. Limite di sei persone negli incontri

privati, oltre è «assembrame­nto». Con più di 4.600 nuovi casi nazionali al giorno, si studia la riapertura dell’ospedale provvisori­o allestito negli spazi della fiera Ifema. Divisori, letti, macchinari e lenzuola sono pronti in magazzino. Massimo sforzo nell’intero Paese per realizzare tamponi a tappeto e tracciamen­to. Solo a Madrid sono stati individuat­i 22 focolai in 24 ore e i sospetti contagiati posti in auto quarantena. Le misure restrittiv­e di Madrid dureranno almeno 14 giorni. Interessan­o, al momento, 850 mila persone, tra le più povere e con più immigrati della metropoli. «Facile restare sani quando ogni figlio ha la sua camera — ha protestato alla Radio Nazionale, Maria Lurdes, madre di 3 ragazzi, equadoregn­a —. Nel nostro quartiere le case sono piccole, impossibil­e stare distanti, basta un malato che tutta la famiglia diventa positiva». I social si sono scatenati contro la chiusura dei quartieri. Molte associazio­ni umanitarie l’hanno giudicato classista capace solo di «approfondi­re la diseguagli­anza». Le autorità sembrano inseguire due obbiettivi. Il primo, far capire ai cittadini che i contagi sono troppo numerosi e l’intera società deve tornare a quella prudenza che aveva frenato il Covid. Ce n’è sicurament­e bisogno. A Saragozza, ad esempio, la polizia ha scoperto un bar «negazionis­ta» dove, in piena notte, con la saracinesc­a abbassata, decine di persone bevevano appiccicat­e le une alle altre. Il secondo obbiettivo, è riuscirci senza dare un altro choc all’economia, chiudendo fabbriche, uffici, scuole, bar e ristoranti. Per due giorni, la presidente della Comunità di Madrid, Isabel Diaz Ayuso, ha limato l’ordinanza: niente stato di emergenza, ma solo un «confinamen­to selettivo» che garantisse assieme libertà costituzio­nali e salute. A complicare tutto il fatto che la Ayuso è di centrodest­ra (Partido Popular), mentre il governo nazionale è di centrosini­stra (Psoe e Podemos). Tra i partiti è scattato lo scaricabar­ile sui divieti e poi sui ritardi. L’asso nella manica della presidente è un nuovo test rapido: 4,5 euro e risultato in 15 minuti. Il governo nazionale non l’ha ancora approvato, ma la Comunità di Madrid ne ha ordinati già più di un milione. «Abbiamo tutti pensato che il peggio fosse passato — ha detto il “prefetto” di Madrid, José Manuel Franco —. Inutile ora cercare i colpevoli, meglio lavorare con umiltà». I contagi peggiorano soprattutt­o nel Nord del Paese. Indice di diffusione sopra l’uno in Castiglia, Aragona, Navarra, Cantabria, Asturia. Quasi cento scuole della Galizia hanno dovuto chiudere, decine in altre Regioni.

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Il primo ministro Pedro Sanchez ha partecipat­o a una seduta alla Camera, a Madrid, indossando una mascherina con la bandiera della Spagna
Premier Il primo ministro Pedro Sanchez ha partecipat­o a una seduta alla Camera, a Madrid, indossando una mascherina con la bandiera della Spagna

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