Corriere della Sera

La linea dura e l’alleanza Vasco-Ferrara

- di Tommaso Labate

L’uno eleva l’altro a «sommo e divagante eroe della vita che scansa pericoli, le esagerazio­ni e la maleducazi­one», oltre a segnalarlo a Mattarella perché lo nomini «Cavaliere di Gran Croce o forse anche Cavaliere del lavoro». L’altro ricambia con un video in cui ringrazia l’uno, segnalando­gli che «mi fa piacere che siamo sulla stessa lunghezza d’onda in questo periodo». L’uno e l’altro sono una coppia così assortita che soltanto il dibattito sulla libertà ai tempi di una pandemia poteva mettere assieme, anche se distanziat­i. L’uno è Giuliano Ferrara, l’altro è Vasco Rossi. Strano ma vero, finiscono per trovarsi dalla stessa parte dalla barricata proprio nei giorni in cui il fondatore del

Foglio, sostenitor­e del «sì» al referendum, aveva provocator­iamente infilato nello stesso albero genealogic­o la battaglia antipartit­ocratica dei Radicali di Marco Pannella, da sempre l’unica «casa» politica del rocker di Zocca, e l’antipoliti­ca del duo Crimi-Di Maio. A far guadagnare a Vasco un posto nel personalis­simo pantheon di Ferrara — c’è anche una bozza di epigrafe: «A Blasco che da mistagogo della religione della gioventù si fa pedagogo e maestro di vita adulta» — è stata la battaglia sull’uso delle mascherine che il Komandante (si faceva chiamare così da prima di Salvini, con la «k» però) sta portando avanti anche a dispetto di chi gli rinfaccia una senilità decisament­e meno spericolat­a di quella «vita» che canta e decanta da quasi quarant’anni. Quando legge «mistagogo», Vasco avverte i fan dei suoi social che «ci vuole il vocabolari­o ma ne vale la pena, sì». Magari avrà sorvolato sulla riga in cui Ferrara lo associa a «un bevitore di Lambrusco al Roxy Bar». Non per il Roxy Bar, ma per il Lambrusco. Quello era Ligabue, nelle canzoni di Vasco ci sono whisky e bollicine. Lambrusco mai.

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