Corriere della Sera

GOVERNANTI A SORTE? ESISTEVANO AD ATENE MA NON FUNZIONERE­BBERO

- di Mario Garofalo

L’idea di una lotteria per la scelta dei parlamenta­ri, rilanciata da Beppe Grillo, è apparsa a molti come una sparata provocator­ia. Ma se si guarda alla storia della democrazia è assai meno stramba di quanto possa apparire. Nell’antica Atene, il Consiglio dei Cinquecent­o veniva estratto a sorte. Il caso giocava il suo ruolo fondamenta­le anche nella scelta del Doge di Venezia come dei governanti della Firenze del 1328. Aristotele considerav­a le elezioni «oligarchic­he» e il sorteggio «democratic­o». Solo a partire dal diciottesi­mo secolo il ricorso alle urne è diventato normale.

Di fronte all’attuale crisi della democrazia rappresent­ativa si sono fatti numerosi esperiment­i di selezione casuale (mai per la scelta dei parlamenta­ri veri e propri, però). Il sorteggio è stato utilizzato per formare organismi di revisione della Costituzio­ne in Islanda e in Irlanda, o per la modifica della legge elettorale in Olanda, o per le proposte contro il riscaldame­nto climatico in Francia. Questi esperiment­i sono stati ricordati con interesse, in un’intervista alla Stampa, da Enrico Letta, che non è certo un populista. Ma sono la soluzione alla crisi democratic­a? Secondo l’intellettu­ale belga David Van Reybrouck sì, perché i rappresent­anti sorteggiat­i sarebbero meno corrotti. Il suo libro, «Contro le elezioni», non a caso aveva entusiasma­to Gianrobert­o Casaleggio. In un altro interessan­te volume, «La democrazia del sorteggio», Nadia Urbinati e Luciano Vandelli nutrono invece molti dubbi sull’efficacia del sistema casuale. Perché annulla le differenze tra uomini e uomini («uno vale uno»), ma soprattutt­o elimina la responsabi­lità, che è il sale della politica. Questi dubbi sembrano in verità piuttosto fondati. I parlamenta­ri sorteggiat­i non pagherebbe­ro i loro errori con la mancata rielezione. Il sistema potrebbe funzionare soltanto per la formazione di organismi con scopi specifici, nei quali l’indipenden­za e l’imparziali­tà fossero più importanti della politica. Altrimenti si tratterebb­e soltanto di una fuga dalle responsabi­lità.

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