Ore 8.35: si sollevano le paratoie La Serenissima non mette gli stivali
Piazza San Marco, la Basilica e l’intero centro storico all’asciutto. Il sindaco: giorno storico
132
Centimetri
Il picco di marea registrato ieri in mare, alle 11.30. Il Mose ha protetto le acque lagunari e la città è rimasta all’asciutto 70
Centimetri
Il livello al quale è rimasta l’acqua in laguna, sufficiente a tenere all’asciutto l’intera città. In piazza San Marco solo due pozzanghere
«Regalo stivali acqua alta! Grazie Mose», ha scritto un veneziano dopo averne posati un paio vicino a un canale. Presto per liberarsene del tutto, forse, ma ieri Venezia ha provato per la prima volta l’esperienza di essere protetta dall’alta marea grazie al Mose, il maxi-sistema di dighe mobili di cui si parla da quasi mezzo secolo e i cui cantieri sono iniziati nel lontano maggio 2003. A fermare l’afflusso dell’acqua dal mare Adriatico alla laguna ci ha pensato la «diga gialla» di 78 paratoie, per la prima volta sollevate tutte assieme con condizioni meteo difficili. A Venezia, infatti, soffiava un forte vento di scirocco, che ha gonfiato la marea fino a quota 132 centimetri sul medio mare prima di mezzogiorno. Ma dalle 9.52 in poi, quando la diga si è
chiusa un’ora e 17 minuti dopo l’avvio delle operazioni, l’acqua in laguna è rimasta a circa 70 centimetri, tanto che in piazza San Marco, uno dei punti più bassi della città (si allaga con la marea a meno di 90 centimetri), si sono viste soltanto un paio di pozzanghere. E molti turisti si sono pentiti di aver comprato gli stivali nelle bancarelle.
«Normalmente avremmo avuto l’acqua alle ginocchia», racconta Claudio Vernier, presidente dell’associazione dei negozianti della piazza. Anche la Basilica e i suoi preziosi pavimenti di mosaici sono rimasti all’asciutto. «È un dato importantissimo», esulta il primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin. In realtà gli stivali torneranno necessari già oggi e domani: sono previste due alte maree da 115 e 110 centimetri, sempre intorno a mezzogiorno, e il Mose non verrà sollevato. Perché la procedura di emergenza, approvata nei giorni scorsi, impone di alzare il Mose solo con una previsione superiore ai 130 centimetri, quindi in caso di fenomeni che allagano più di mezza città e possono creare danni rilevanti. Quando l’opera sarà terminata e collaudata, per la fine del 2021, a regime è prevista la chiusura a quota 110.
Il provveditore alle opere pubbliche Cinzia Zincone e la commissaria «sblocca cantieri» Elisabetta Spitz hanno dato il via alle operazioni alle 8.35. Il sollevamento è durato più del doppio rispetto al tempo previsto (mezz’ora), ma d’altra parte l’opera non è ancora conclusa: ci sono gli impianti da finire e alcuni problemi tecnici da risolvere, oltre all’incognita dei costi di manutenzione, stimati tra gli 80 e i 100 milioni di euro, anche se Spitz sta lavorando per ridurli. Ma ieri si è avuta la prova che quest’opera ciclopica, che ha impiegato quasi 6 miliardi di euro di risorse dello Stato (e sei anni fa portò a una raffica di arresti per tangenti), è in grado di fare ciò per cui è stata progettata.
«È una giornata storica per Venezia», esulta il sindaco Luigi Brugnaro, che ha anche ricevuto una telefonata di congratulazioni del presidente della Repubblica Sergio
Mattarella. «Abbiamo avuto la certezza che il Mose funziona», sottolinea il governatore veneto Luca Zaia. «Il test è andato bene — è soddisfatta Zincone —. Si è vista una consistente differenza di altezza dell’acqua tra mare e laguna». «Un passaggio fondamentale nella protezione della città», aggiunge Spitz. Il ministro delle Infrastrutture Paola De Micheli, «committente» dell’opera, lo definisce «un risultato importante che abbiamo voluto con forza». Soddisfatto anche il commissario del Consorzio Venezia Nuova, Giuseppe Fiengo, che con il collega Francesco Ossola è alla guida del pool di imprese che hanno realizzato il Mose, seppur con un po’ di amarezza: «Ci abbiamo messo cinque anni ma ce l’abbiamo fatta».