Corriere della Sera

«Finanze vaticane I soldi dell’Obolo negli hedge fund»

Crasso gestiva i conti della Segreteria di Stato «Becciu? Non ha mai esercitato pressioni»

- Dai nostri inviati Mario Gerevini Fabrizio Massaro

«Volete sapere come funzionava in Vaticano? Vi invito a Lugano, ora parlo io...». Per la prima volta parla Enrico Crasso, per 27 anni gestore del patrimonio riservato della Segreteria di Stato. Romano, 72 anni, ex Credit Suisse, da solo è arrivato ad amministra­re circa 300 milioni di euro, metà della cassa del Papa, in gran parte composta dall’Obolo di San Pietro. Crasso è anche una figura chiave dell’inchiesta vaticana in cui è indagato con prelati, finanzieri e funzionari della Segreteria.

L’appuntamen­to è negli uffici della sua fiduciaria, Sogenel. Si siede e parte in difesa: «Non ho mai preso né dato soldi, o tangenti, a nessuno. Il cardinale Giovanni Angelo Becciu? Non ha mai fatto pressioni e non c’è alcun suo conto riservato o della famiglia che noi abbiamo gestito o alimentato. Io ho cominciato a lavorare con il Vaticano nel 1993, sempre facendo i loro interessi. E cosa raccolgo oggi? Solo macerie».

Lei è anche il gestore del fondo maltese Centurion (50 milioni della Segreteria) che fra l’altro ha fatto diventare il Vaticano socio di Lapo Elkann e del film su Elton John.

«In Segreteria conoscevan­o Centurion e sapevano molto bene degli investimen­ti con Lapo e nel film. Ma dopo il vostro articolo di dicembre sul Corriere mi dissero che il Santo Padre aveva dato indicazion­e di liquidare il fondo. E adesso lo stiamo chiudendo».

Centurion è la parte più speculativ­a degli investimen­ti vaticani. Come si decideva dove mettere i soldi?

«Alcuni investimen­ti me li indicavano direttamen­te loro. Per esempio abbiamo preso quote nel fondo inglese Eos perché erano amici di monsignor Alberto Perlasca (allora capo dell’ufficio che gestisce l’Obolo, ndr). Una volta mi arrivò l’indicazion­e di investire 30 milioni in Mikro Kapital: fa prestiti alle piccole imprese, un dossier provenient­e da un importante studio legale milanese e portato in Segreteria dal capo di Mikro Kapital, Vincenzo Trani (presidente della Camera di Commercio Italo-Russa, ndr). Lo analizzo: avevano 250 milioni di patrimonio in gestione a 7 anni, il bond rendeva l’8%».

Insomma, era rischioso...

«Infatti informammo Perlasca che al massimo si potevano investire 6 milioni. E così avvenne. Anche il bond sottoscrit­to per il film su Elton John non era un segreto. Ma sapete quanto renderà? Il 13,5% a fine di quest’anno. Men in Black invece non ha soddisfatt­o le attese».

Non c’era solo lei, con il Credit Suisse come banca, a gestire i soldi dei fedeli. C’erano anche Bsi, Ubs, Julius Baer. Tutte svizzere.

«I fondi dell’Obolo di San Pietro venivano gestiti dalle banche, anche in hedge fund. Lo sapevano tutti. Ora però il revisore generale del Vaticano (Alessandro Cassinis Righini, ndr) sostiene che questi fondi erano vincolati ad opere caritatevo­li. Ma alle banche non l’hanno mai detto!».

Lei c’era quando il finanziere angolano Antonio Mosquito propose al suo amico Becciu di investire 200 milioni di dollari del Vaticano in una piattaform­a petrolifer­a offshore. Come andò?

«Era il 2012, allora gestivo poco, 30-40 milioni di euro. Fui chiamato da Becciu, che vedevo per la prima volta e che avrò visto in tutto 5-6 volte. Mi diede l’incarico di fare una verifica profession­ale sulla proposta di Mosquito. Ne parlai con la mia banca ma alla fine da Londra mi indirizzar­ono a Raffaele Mincione, che non conoscevo, come finanziere esterno che operava in materie prime. Ricordo un incontro in Segreteria, aprile 2014, con l’intera famiglia Mosquito. Spiegai che senza garanzie da parte loro non potevamo fare il finanziame­nto. Venne chiamato Becciu, che disse sempliceme­nte “mi dispiace” a Mosquito. La cosa finì lì, senza alcuna pressione».

I soldi poi andarono nel fondo Athena di Mincione e da lì nel palazzo di Sloane Avenue. Con milioni presi a prestito dalla Segreteria.

«Quando Becciu chiese il finanziame­nto per il palazzo di Londra, presentò una lettera del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, in cui si diceva che Becciu aveva i pieni poteri per mettere a leva l’intero patrimonio della Segreteria. Il palazzo è stato comprato mettendo a garanzia parte delle gestioni patrimonia­li».

Ma il Vaticano ci ha perso.

«Dalle nostre gestioni, anche come Sogenel e Az Swiss, la Segreteria ha sempre guadagnato, coprendo pure i costi dei prestiti. Sui 300 milioni la media 2014-2019 è di un rendimento del 3-4% annuo. Eravamo giudicati per i rendimenti finanziari, non anche sulla parte immobiliar­e».

Il palazzo di Londra

Quando Becciu chiese il finanziame­nto presentò una lettera di Parolin che gli dava pieni poteri

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Enrico Crasso, 72 anni, romano, residente in Ticino, gestore per 27 anni del patrimonio riservato della Segreteria di Stato con Credit Suisse, poi Sogenel e Az Swiss
Finanziere Enrico Crasso, 72 anni, romano, residente in Ticino, gestore per 27 anni del patrimonio riservato della Segreteria di Stato con Credit Suisse, poi Sogenel e Az Swiss

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