«Per la svolta digitale servono reti ultraveloci E i fondi del Recovery»
Guindani (Asstel): fondamentale investire sulle infrastrutture. Un piano di formazione per le scuole
«Il Recovery fund sarà importantissimo per accelerare la digitalizzazione del Paese, ma occorre indirizzarlo bene», avverte Pietro Guindani, alla vigilia della presentazione del rapporto annuale di Asstel, l’associazione di Confindustria che riunisce le imprese di telecomunicazioni, di cui il chairman di Vodafone Italia è presidente.
Come si presenta l’Italia all’appuntamento con la svolta digitale?
«Quello italiano è un mercato molto competitivo, dove la concorrenza è decisamente forte. Questo sta producendo principalmente due effetti: da un lato la competizione sta contraendo i ricavi, l’anno scorso di 1 miliardo a beneficio dei consumatori, dall’altro stimola gli investimenti, perché la sfida sulla qualità del servizio richiede un continuo miglioramento delle prestazioni delle reti. Occorre continuare a potenziare la rete 4G, che ci ha salvato dal lockdown assorbendo picchi incrementali di traffico nell’ordine del 60-70%, e ad estendere le reti in fibra ottica. Altrettanto importante sarà però promuovere l’uso dello standard 5G ed evitare di frammentare le reti con l’uso di tecnologie alternative non standardizzate. Le reti devono essere integrate e interoperabili. Ne puoi avere anche molte, ma l’importante è che dialoghino tra loro».
Se i ricavi calano, come si finanziano gli investimenti necessari a rendere il Paese più digitale?
«Io credo che il Recovery Fund sarà uno strumento importantissimo per accelerare la realizzazione delle infrastrutture digitali in Italia e indirizzare la sostenibilità economica degli investimenti, una questione che si aggrava ogni anno».
La rete unica in fibra è la soluzione giusta per accelerare la digitalizzazione?
«Come Asstel non possiamo prendere una posizione, però il dibattito che si sta sviluppando segnala una grande attenzione da parte del governo e questo è senz’altro positivo. Il digitale è diventata la priorità. Qualunque soluzione verrà adottata, dovrà permettere all’Italia di raggiungere gli obiettivi stabiliti dall’Europa per il 2025 con la Gigabit Society, ossia connessioni su rete fissa in fibra o con tecnologie radio equivalenti a 1 Giga per le imprese e elevabili a 1 Giga a richiesta per i consumatori. Per raggiungere questi obiettivi lo strumento è il Recovery fund, perché è interesse nazionale assicurare la competitività delle infrastrutture di telecomunicazioni».
Una volta fatta l’infrastruttura, serve farci passare i servizi.
«Le reti sono un fattore abilitante di servizi con funzionalità intelligenti e quindi un’ulteriore possibilità per l’impiego dei fondi del Recovery è l’incentivazione dello sviluppo di servizi nell’ambito di una collaborazione pubblico-privato. Prendiamo Industria 4.0: si deve rendere strutturale e irrobustire con nuove dotazioni finanziarie in modo da stimolare così anche gli sviluppi applicativi intelligenti per le imprese. Nell’ambito della collaborazione pubblico-privato rientra anche lo sviluppo dei servizi al cittadino, come la sanità, la sicurezza, la mobilità sul territorio».
Lo Stato che ruolo deve avere?
«La parte pubblica deve creare una cornice regolamentare che faciliti l’adozione delle tecnologie digitali.
Penso all’introduzione della telemedicina nel Servizio sanitario nazionale. Ma lo Stato deve anche svolgere un ruolo attivo: la mobilità e la sicurezza sulle strade, per esempio, sono temi che coinvolgono ministeri e amministrazioni locali, dove è imprescindibile la collaborazione pubblico privato, anche per lo sviluppo delle applicazioni che rendono più sicura la vita del cittadino. E per farlo credo sia necessario anche un forte sostegno anche ai piani di riqualificazione e aggiornamento continuo dei lavoratori delle telecomunicazioni, il motore di questa trasformazione digitale. Servono operatori sempre più qualificati per riuscire a sviluppare e offrire servizi digitali intelligenti al cittadino».
Cittadino che non ha molta familiarità con il digitale.
«La domanda di servizi digitali si deve stimolare ricorrendo al Recovery Fund con un programma di voucher per l’impresa e per i cittadini, per favorire l’uso delle tecnologie a più alte prestazioni. Non ci si deve però dimenticare l’importanza anche di un piano di formazione di massa per colmare le nostre carenze nelle competenze digitali che ci condannano ad essere l’ultimo Paese nella classifica DESI dei 28 paesi europei».
Partendo dalla scuola?
«La conversione in digitale dei servizi analogici, come l’anagrafe o la sanità disponibili su terminali intelligenti, può essere l’inizio di un percorso di apprendimento quotidiano, perchè con le tecnologie ci si familiarizza usandole.
Lo abbiamo visto durante il lockdown. Ma bisogna senza dubbio iniziare dalla scuola. La disciplina delle tecnologie va introdotta nell’istruzione scolastica, dalla scuola dell’infanzia ai dottorati. E va promosso un uso responsabile delle reti. Asstel ha deciso di sostenere un’organizzazione, Parole O_Stili, che ha realizzato un programma didattico nazionale per avvicinare gli studenti alle tecnologie e renderli consapevoli che queste vanno usate in modo responsabile. Su questo tema le tv nazionali, con cui Asstel dialoga, hanno un ruolo fondamentale».
Il mercato italiano è molto competitivo. Questo produce due effetti: riduzione dei ricavi e stimolo agli investimenti
Il programma Industria 4.0 va reso strutturale e nello stesso tempo va irrobustito con nuove dotazioni finanziarie