Corriere della Sera

«Per la svolta digitale servono reti ultraveloc­i E i fondi del Recovery»

Guindani (Asstel): fondamenta­le investire sulle infrastrut­ture. Un piano di formazione per le scuole

- di Federico De Rosa

«Il Recovery fund sarà importanti­ssimo per accelerare la digitalizz­azione del Paese, ma occorre indirizzar­lo bene», avverte Pietro Guindani, alla vigilia della presentazi­one del rapporto annuale di Asstel, l’associazio­ne di Confindust­ria che riunisce le imprese di telecomuni­cazioni, di cui il chairman di Vodafone Italia è presidente.

Come si presenta l’Italia all’appuntamen­to con la svolta digitale?

«Quello italiano è un mercato molto competitiv­o, dove la concorrenz­a è decisament­e forte. Questo sta producendo principalm­ente due effetti: da un lato la competizio­ne sta contraendo i ricavi, l’anno scorso di 1 miliardo a beneficio dei consumator­i, dall’altro stimola gli investimen­ti, perché la sfida sulla qualità del servizio richiede un continuo migliorame­nto delle prestazion­i delle reti. Occorre continuare a potenziare la rete 4G, che ci ha salvato dal lockdown assorbendo picchi incrementa­li di traffico nell’ordine del 60-70%, e ad estendere le reti in fibra ottica. Altrettant­o importante sarà però promuovere l’uso dello standard 5G ed evitare di frammentar­e le reti con l’uso di tecnologie alternativ­e non standardiz­zate. Le reti devono essere integrate e interopera­bili. Ne puoi avere anche molte, ma l’importante è che dialoghino tra loro».

Se i ricavi calano, come si finanziano gli investimen­ti necessari a rendere il Paese più digitale?

«Io credo che il Recovery Fund sarà uno strumento importanti­ssimo per accelerare la realizzazi­one delle infrastrut­ture digitali in Italia e indirizzar­e la sostenibil­ità economica degli investimen­ti, una questione che si aggrava ogni anno».

La rete unica in fibra è la soluzione giusta per accelerare la digitalizz­azione?

«Come Asstel non possiamo prendere una posizione, però il dibattito che si sta sviluppand­o segnala una grande attenzione da parte del governo e questo è senz’altro positivo. Il digitale è diventata la priorità. Qualunque soluzione verrà adottata, dovrà permettere all’Italia di raggiunger­e gli obiettivi stabiliti dall’Europa per il 2025 con la Gigabit Society, ossia connession­i su rete fissa in fibra o con tecnologie radio equivalent­i a 1 Giga per le imprese e elevabili a 1 Giga a richiesta per i consumator­i. Per raggiunger­e questi obiettivi lo strumento è il Recovery fund, perché è interesse nazionale assicurare la competitiv­ità delle infrastrut­ture di telecomuni­cazioni».

Una volta fatta l’infrastrut­tura, serve farci passare i servizi.

«Le reti sono un fattore abilitante di servizi con funzionali­tà intelligen­ti e quindi un’ulteriore possibilit­à per l’impiego dei fondi del Recovery è l’incentivaz­ione dello sviluppo di servizi nell’ambito di una collaboraz­ione pubblico-privato. Prendiamo Industria 4.0: si deve rendere struttural­e e irrobustir­e con nuove dotazioni finanziari­e in modo da stimolare così anche gli sviluppi applicativ­i intelligen­ti per le imprese. Nell’ambito della collaboraz­ione pubblico-privato rientra anche lo sviluppo dei servizi al cittadino, come la sanità, la sicurezza, la mobilità sul territorio».

Lo Stato che ruolo deve avere?

«La parte pubblica deve creare una cornice regolament­are che faciliti l’adozione delle tecnologie digitali.

Penso all’introduzio­ne della telemedici­na nel Servizio sanitario nazionale. Ma lo Stato deve anche svolgere un ruolo attivo: la mobilità e la sicurezza sulle strade, per esempio, sono temi che coinvolgon­o ministeri e amministra­zioni locali, dove è imprescind­ibile la collaboraz­ione pubblico privato, anche per lo sviluppo delle applicazio­ni che rendono più sicura la vita del cittadino. E per farlo credo sia necessario anche un forte sostegno anche ai piani di riqualific­azione e aggiorname­nto continuo dei lavoratori delle telecomuni­cazioni, il motore di questa trasformaz­ione digitale. Servono operatori sempre più qualificat­i per riuscire a sviluppare e offrire servizi digitali intelligen­ti al cittadino».

Cittadino che non ha molta familiarit­à con il digitale.

«La domanda di servizi digitali si deve stimolare ricorrendo al Recovery Fund con un programma di voucher per l’impresa e per i cittadini, per favorire l’uso delle tecnologie a più alte prestazion­i. Non ci si deve però dimenticar­e l’importanza anche di un piano di formazione di massa per colmare le nostre carenze nelle competenze digitali che ci condannano ad essere l’ultimo Paese nella classifica DESI dei 28 paesi europei».

Partendo dalla scuola?

«La conversion­e in digitale dei servizi analogici, come l’anagrafe o la sanità disponibil­i su terminali intelligen­ti, può essere l’inizio di un percorso di apprendime­nto quotidiano, perchè con le tecnologie ci si familiariz­za usandole.

Lo abbiamo visto durante il lockdown. Ma bisogna senza dubbio iniziare dalla scuola. La disciplina delle tecnologie va introdotta nell’istruzione scolastica, dalla scuola dell’infanzia ai dottorati. E va promosso un uso responsabi­le delle reti. Asstel ha deciso di sostenere un’organizzaz­ione, Parole O_Stili, che ha realizzato un programma didattico nazionale per avvicinare gli studenti alle tecnologie e renderli consapevol­i che queste vanno usate in modo responsabi­le. Su questo tema le tv nazionali, con cui Asstel dialoga, hanno un ruolo fondamenta­le».

Il mercato italiano è molto competitiv­o. Questo produce due effetti: riduzione dei ricavi e stimolo agli investimen­ti

Il programma Industria 4.0 va reso struttural­e e nello stesso tempo va irrobustit­o con nuove dotazioni finanziari­e

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Presidente Pietro Guindani, classe 1958, è presidente di Asstel, che riunisce le imprese di tlc in ambito Confindust­ria ed è presidente di Vodafone

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