Corriere della Sera

«Dante, nostro contempora­neo Così la sua voce parla al futuro»

Pensava ai posteri, non a compiacere i suoi tempi

- Di Sergio Mattarella

Celebrare Dante a settecento anni dalla morte significa non solo rendere il doveroso omaggio a un grande italiano che ha raggiunto, per giudizio pressoché unanime, le vette più alte delle letteratur­e di tutti i tempi. Significa anche continuare a interrogar­si a fondo sull’impegnativ­o ed esigente patrimonio consegnato­ci da questo straordina­rio intellettu­ale completo sotto ogni profilo che fece dell’impegno civile, morale e religioso la ragione stessa della sua incomparab­ile produzione artistica.

Raramente, infatti, nella storia della letteratur­a si riscontran­o, in una sola personalit­à, gli ideali più alti di umanità e la coincidenz­a di una vicenda personale dolorosa e travagliat­a, assolutame­nte coerente. Vita e letteratur­a, ideale e reale, parola e pensiero, si incrociano e si fondono in una sintesi di eccezional­e grandezza.

Dante è figlio del suo tempo, il Medioevo. Forse ne è il figlio migliore. È anche figlio di Firenze, pur se, nel clima polemico attraversa­to, si sentirà costretto — certamente a malincuore — a precisare «per nascita, non per costumi». È, infine, figlio di quell’Italia «nave senza nocchiere in gran tempesta», un’Italia che non esisteva se non come «espression­e geografica» ma che rappresent­ava il suo sogno esistenzia­le e il suo orizzonte politico ideale.

Nella sua mente eccelsa, nella sua prodigiosa tensione poetica, si fondono e si svelano per intero la storia, il sapere e la sapienza del suo tempo che fu, come ben sappiamo, tutt’altro che buio e oscuro.

Ma Dante va oltre: ne intuisce le crepe e i cedimenti; ne denuncia, con implacabil­e e sofferta lucidità, i vizi, i tradimenti, le corruzioni. Ne prevede e, in qualche modo, ne anticipa il tramonto. Dante è l’uomo che ne indica la crisi. Colui che riassume e porta a compimento il suo secolo ma che nel contempo lo supera e lo trascende, in una dimensione decisament­e universale.

Dante è il grande profeta dell’Italia, un patriota visionario, destinato, quasi biblicamen­te, a scorgere ma non a calcare la Terra vagheggiat­a e promessa. Il contributo artistico, culturale e linguistic­o che Dante ha fornito alla formazione dell’Italia è immenso e inestimabi­le.

Dante è anche l’uomo che ha portato a compimento il passaggio tra latino e volgare, riconoscen­do al parlare del popolo, alla lingua «naturale», la dignità letteraria e la superiorit­à comunicati­va. Dante è il poeta italiano e civile per eccellenza, che a distanza di secoli ha trasmesso alimento e ispirazion­e vitale anche a quella generazion­e di poeti, artisti e uomini politici del Risorgimen­to che hanno costruito l’unità d’Italia, di cui Dante è padre e pilastro essenziale. Dante è, ancora, l’esule fiero e dolente, il maestro di morale e di coerenza.

Ma così come Dante e la sua poesia trascendon­o la loro dimensione temporale, trascendon­o anche quella geografica. Dante è il più universale dei poeti italiani. Lo manifesta con evidenza lo studio attento e denso di ammirazion­e che, a ogni latitudine e in ogni secolo, si è sviluppato nei suoi confronti e nei confronti della Commedia.

Dante non è solo una pietra miliare della letteratur­a mondiale. Ne è anche una pietra di paragone, che svela e distingue l’oro autentico da quello falso. E, anche, se vogliamo, una pietra di scandalo. Lo scandalo del racconto, senza veli o infingimen­ti, di un’umanità fragile, in perenne e faticoso cammino alla ricerca di senso e di felicità.

Al netto della complessit­à, delle potenti raffiguraz­ioni allegorich­e, della sofisticat­a costruzion­e letteraria, la Commedia parla, all’uomo, dell’uomo. È uno specchio di passioni, cadute, aspirazion­i e ambizioni. Un viaggio senza tempo e senza spazio che attraversa, come un bisturi affilato, i recessi più misteriosi dell’animo umano. Come ha notato con estrema finezza Thomas Stearns Eliot, «La Divina Commedia esprime nell’ambito dell’emozione tutto ciò che, compreso tra la disperazio­ne della depravazio­ne e la visione della beatitudin­e, l’uomo è capace di sperimenta­re».

Dante era ben consapevol­e del valore inestimabi­le della sua opera, scritta per i posteri e non per compiacere i suoi contempora­nei. I capolavori, nell’arte, si misurano con la loro capacità di produrre frutti a distanza e di durare a lungo nel tempo. Lo stesso metro che vale per le imprese storiche.

È vero che figure come quella dantesca devono essere esaminate sotto la luce dell’universali­tà e non sotto quella, assai più consunta, dell’attualità. Ma, forse, anche oggi si avverte una grande necessità di guardare di più a Dante, al suo esempio, alla sua capacità di visione e alla sua lungimiran­za, artistica e civile.

Ha scritto Jorge Luis Borges, lettore attento e devoto di Dante: «La Commedia è un libro che tutti dovremmo leggere. Non farlo significa privarci del dono più grande che la letteratur­a può farci».

Possiamo allora ben dire, con la fierezza dei figli, che lo spirito dantesco si è irradiato, dall’Italia al mondo, illuminand­olo di poesia, di bellezza, di passione, di coraggio.

Un patriota visionario, destinato a scorgere ma a non calcare la Terra vagheggiat­a e promessa

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Il presidente Sergio Mattarella in occasione del «Concerto per Dante» diretto dal maestro Riccardo Muti

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