L’impresa di Ganna: fuga in salita e vittoria
In fuga per 178 km non lo prende più nessuno «Thomas mi ha detto “vai e attacca”: ho obbedito»
«Il piano iniziale non era andare in fuga, era aiutare Salvatore Puccio. A un certo punto l’ho visto in difficoltà: Salva, gli ho detto, mettiti a ruota che proviamo ad andare via. E ho continuato dritto».
Al chilometro 47 di una tappa che punta dritta verso il Valico di Montescuro, roba più per scalatori che per cronomen, l’insostenibile (per gli altri) leggerezza dell’essere Filippo Ganna scatena l’impresa che non ti aspetti. Un pistard evaso dal velodromo per sfidare in strada l’orologio s’inventa all’improvviso uomo da grandi fughe, a riprova che i confini del piemontese rampante sono sconosciuti a noi umani. 178 km di volo a planare, sbriciolando gli specialisti del mestiere e lasciando di stucco un Giro d’Italia sempre più innamorato del signor G, Ganna Filippo da Vignone, re della crono di Palermo, maglia rosa per due giorni, protagonista assoluto sui monti della Sila, fidanzato di Carlotta e ultrà della Nutella, felice di stupirci.
Qui Camigliatello Silano, Calabria, quota 1275 metri. Il caldo della Sicilia è un ricordo sfuocato: piove, fa freddo, in cima a Montescuro (1618 m), di nome e di fatto, è buio. Il termometro segna otto gradi. Tappa per mantelline, rifornimenti frequenti, pretendenti al podio di Milano. «Il mio capitano Geraint Thomas, costretto al ritiro, alla vigilia mi aveva mandato un messaggio: vai in fuga! — racconta l’impunito alla fine, divorando una montagna di riso bollito —. Ho obbedito». Se il numero uno della Ineos scherzava, Filippo l’ha preso tremendamente sul serio. Una fuga a quattro con Puccio, Tratnik e Hagen si trasforma a sei, assumendo strada facendo forme e modi plasmati dal maltempo e dalla fatica, mentre dietro il gruppo si spolmona a inseguire perché fin lì nessuno ha capito, forse nemmeno Filippo uomo solo al comando, che il pennellone ha nelle corde, nelle gambe e nel cuore la missione di scollinare in testa con 55’’ di vantaggio, illuminato sulla montagna dei lupi dai fari delle auto che gli indicano la via. «Volevo riscattare l’addio di Geraint e ricambiare la squadra che mi sta aiutando a crescere. Ho bruciato le calorie che di solito faccio fuori in tre giorni e adesso mi merito un po’ di cioccolato, ma che soddisfazione».
Resta la discesa, curvilinea e bagnata; e resta quel tesoretto di secondi da far bastare fino al traguardo. Dietro Nibali trascina il plotone ed è noto a tutti i suiveurs quanto lo Squalo sia abile in picchiata, però la sensazione è che non si prenda rischi eccessivi («Frazione insidiosa: non sapevo quanto potesse essere pericoloso l’asfalto viscido» confermerà) perché Ganna si merita il trionfo e perché i rivali della Ineos un domani, chissà, potrebbero rivelarsi
Nibali non si fida Almeida resta in rosa. Nibali evita rischi: «Non sapevo quanto potesse essere pericoloso»
preziosi alleati sulle grandi montagne. Ormai è fatta, dietro una curva a U c’è l’arrivo. Filippo smonta dalla bici e ha braccia larghe per tutti: i compagni, coach Dario Cioni, l’amico Puccio. «Per me è quasi un fratello, ha avuto le parole giuste: mangia, bevi, non strappare, stai calmo. Io non sono uno scalatore: quando mi scattano in faccia non posso rispondere. Salvatore mi ha tenuto tranquillo, ed è andata bene».
Gli chiediamo, con il portoghese Almeida confermato in maglia rosa da leader, se ora Filippo Ganna è un corridore da grandi giri, se si metterà in testa altre idee meravigliose, se farà un pensiero a un’altra tappa con saliscendi, oltre che alle crono. Lui sorride paziente e comprensivo: «Ma no, stiamo calmi, aspettiamo. Io vado avanti per il mio programma, poi si vedrà. Non è da tanto che sono passato professionista, e mi piace anche la pista. Non sono Remco Evenepoel che alla seconda corsa ha vinto una gara World Tour... Ho i miei tempi, lasciatemi maturare. Sono arrivato in fondo con le gambe che facevano giacomino giacomino, sono alto 1,93 per 82 chili: in salita non è mica facile portarli su».
Una cosa mai vista. Una maratona sbranata da uno sprinter. Il coniglio uscito a sorpresa dal cilindro di un mago buffo e simpatico, semplice come il pane, poco abituato a maneggiare mantello e bacchetta. E, per questo, ancora più incantevole.