Corriere della Sera

«Facendo piccoli sacrifici possiamo scongiurar­e i blocchi»

Villani del Cts: assurdi i capannelli fuori dalle scuole

- di Margherita De Bac mdebac@corriere.it

«I numeri potrebbero far paura. Ma ancora non è il momento di drammatizz­are. Siamo ancora in tempo per salvarci». Alberto Villani, presidente della società italiana di pediatria, la Sip, si fa portavoce del Comitato tecnicosci­entifico, il Cts, di cui fa parte.

I 3.678 nuovi casi, circa 1.000 più del giorno precedente, non devono fare spavento?

«Non sono 3.678 malati, sono 3.678 persone risultate positive ai tamponi il cui numero è aumentato molto, da meno di 100 mila a 125.000. Quindi la percentual­e di crescita dei contagi, se rapportata al numero di test, è minima, da 0,026 a 0,029. Un lievissimo trend di salita».

Lievissimo e inesorabil­e, però.

«È vero, la curva sale ormai da diversi giorni e se continua così prima o poi si potrebbe arrivare alla fase dell’aumento esponenzia­le di casi. Questo è un passaggio molto critico dove ognuno di noi deve dare il meglio».

In che senso?

«Il meglio in termini di attenzione. Conviene accettare i piccoli sacrifici che vengono richiesti oggi — uso delle mascherine e distanziam­ento fisico — per non rischiare di ritrovarci come gli altri grandi Paesi europei dove l’epidemia è sfuggita di mano e si corre ai ripari con lockdown più o meno rigorosi. Non ci vuole nulla a ritrovarsi come loro se, appunto, si sposano comportame­nti irresponsa­bili».

Del tipo?

«I capannelli fuori delle scuole. È inutile essere tanto diligenti dentro e fare il proprio comodo una volta fuori».

Fino a che punto la scuola è responsabi­le dell’aumento dei nuovi casi?

«Il contributo della scuola alla crescita dei casi, cioè di infezioni contratte durante l’attività didattica, è minimo, in base ai dati che stiamo cominciand­o a raccoglier­e e interpreta­re. La scuola non è un luogo di diffusione del virus, anzi è uno dei più sicuri. Il problema è che giovani e adulti non hanno interioriz­zato il modello dei nuovi comportame­nti. Non baciare, non abbracciar­e, evitare cene con troppi invitati e situazioni di affollamen­to dovrebbe essere spontaneo dopo aver visto 36.000 italiani morire di questo virus che per trasmetter­si approfitta di baci, abbracci e vicinanza tra persone».

Deluso?

«Beh, sì. Si può fare di più. L’obbligo di indossare la mascherina all’aperto è un richiamo. Non importa se scientific­amente ha senso oppure no. È un segnale di attenzione per noi stessi e per la comunità».

Il vaccino anti-influenzal­e va fatto anche ai bambini?

«Sono anni che i pediatri vorrebbero veder vaccinati i bambini con malattie croniche che potrebbero essere aggravate dall’influenza. Invece ogni anno sono appena 2 su 10 i bambini che vengono protetti con l’antinfluen­zale. Ogni anno vengono buttate centinaia di migliaia di dosi».

Quest’anno però potrebbero non bastare.

«Mi auguro che non siano sufficient­i, significhe­rà che tutti hanno capito l’importanza di fare la profilassi. Purtroppo temo che di nuovo tante fiale avanzerann­o, gli italiani non hanno sufficient­e cultura vaccinale».

«È un passaggio critico perché ci avviciniam­o alla fase dell’aumento esponenzia­le dei casi»

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