«Facendo piccoli sacrifici possiamo scongiurare i blocchi»
Villani del Cts: assurdi i capannelli fuori dalle scuole
«I numeri potrebbero far paura. Ma ancora non è il momento di drammatizzare. Siamo ancora in tempo per salvarci». Alberto Villani, presidente della società italiana di pediatria, la Sip, si fa portavoce del Comitato tecnicoscientifico, il Cts, di cui fa parte.
I 3.678 nuovi casi, circa 1.000 più del giorno precedente, non devono fare spavento?
«Non sono 3.678 malati, sono 3.678 persone risultate positive ai tamponi il cui numero è aumentato molto, da meno di 100 mila a 125.000. Quindi la percentuale di crescita dei contagi, se rapportata al numero di test, è minima, da 0,026 a 0,029. Un lievissimo trend di salita».
Lievissimo e inesorabile, però.
«È vero, la curva sale ormai da diversi giorni e se continua così prima o poi si potrebbe arrivare alla fase dell’aumento esponenziale di casi. Questo è un passaggio molto critico dove ognuno di noi deve dare il meglio».
In che senso?
«Il meglio in termini di attenzione. Conviene accettare i piccoli sacrifici che vengono richiesti oggi — uso delle mascherine e distanziamento fisico — per non rischiare di ritrovarci come gli altri grandi Paesi europei dove l’epidemia è sfuggita di mano e si corre ai ripari con lockdown più o meno rigorosi. Non ci vuole nulla a ritrovarsi come loro se, appunto, si sposano comportamenti irresponsabili».
Del tipo?
«I capannelli fuori delle scuole. È inutile essere tanto diligenti dentro e fare il proprio comodo una volta fuori».
Fino a che punto la scuola è responsabile dell’aumento dei nuovi casi?
«Il contributo della scuola alla crescita dei casi, cioè di infezioni contratte durante l’attività didattica, è minimo, in base ai dati che stiamo cominciando a raccogliere e interpretare. La scuola non è un luogo di diffusione del virus, anzi è uno dei più sicuri. Il problema è che giovani e adulti non hanno interiorizzato il modello dei nuovi comportamenti. Non baciare, non abbracciare, evitare cene con troppi invitati e situazioni di affollamento dovrebbe essere spontaneo dopo aver visto 36.000 italiani morire di questo virus che per trasmettersi approfitta di baci, abbracci e vicinanza tra persone».
Deluso?
«Beh, sì. Si può fare di più. L’obbligo di indossare la mascherina all’aperto è un richiamo. Non importa se scientificamente ha senso oppure no. È un segnale di attenzione per noi stessi e per la comunità».
Il vaccino anti-influenzale va fatto anche ai bambini?
«Sono anni che i pediatri vorrebbero veder vaccinati i bambini con malattie croniche che potrebbero essere aggravate dall’influenza. Invece ogni anno sono appena 2 su 10 i bambini che vengono protetti con l’antinfluenzale. Ogni anno vengono buttate centinaia di migliaia di dosi».
Quest’anno però potrebbero non bastare.
«Mi auguro che non siano sufficienti, significherà che tutti hanno capito l’importanza di fare la profilassi. Purtroppo temo che di nuovo tante fiale avanzeranno, gli italiani non hanno sufficiente cultura vaccinale».
«È un passaggio critico perché ci avviciniamo alla fase dell’aumento esponenziale dei casi»