E SE SI ACCORDASSERO TUTTI SUL DOPPIO TURNO ALLA FRANCESE?
Caro Aldo, lo sport nazionale preferito (dopo il calcio) è la riforma della legge elettorale (a ruota, segue quella delle pensioni). Spesso e volentieri in prossimità della scadenza della legislatura(o anche a metà percorso) emerge l’esigenza di rivoluzionare l’assetto di tale normativa! Ma ciò che grida allo «scandalo» è che coloro i quali (attuali parlamentari) rischiano di fruire di tali potenziali modifiche, sono gli stessi che andranno a stendere l’impianto relativo alle nuove regole elettorali! Quindi abbiamo uno stato regolatore di un strategico momento della vita politica del paese (elezioni politiche), che nel momento topico di questo passaggio si confonde con il ruolo di regolato.
Gianluca Caldironi Bellaria-Igea Marina(Rimini)
Caro Gianluca,
Ci fu un tempo, neppure troppo remoto, in cui la riforma elettorale appassionava i cittadini. Gli italiani volevano contare di più, chiedevano un rapporto rinnovato con la politica. Con questo spirito andarono a votare in massa prima per la preferenza unica (1991), poi per il maggioritario (1993). Oggi qualsiasi accenno alla legge elettorale suscita indifferenza o rabbia. Lo spettacolo offerto dalla classe politica è stato indecente. Ogni schieramento ha tentato di farsi una legge su misura. A onor del vero, cominciò la destra con una legge definita dal suo stesso autore una «porcata». Continuò la sinistra con soluzioni pasticciate, come la legge tuttora in vigore, di fatto proporzionale, a parte un numero limitato di collegi uninominali che in particolare al Senato sono troppo grandi per legare davvero l’eletto agli elettori. Adesso il Pd è passato con disinvoltura dal maggioritario al proporzionale. Ma il proporzionale presuppone partiti forti: non mi pare che i partiti italiani lo siano. L’unico sistema per consentire ai cittadini di scegliere da chi devono essere governati è il maggioritario basato sui collegi uninominali: a turno unico, come la legge che portava il nome dell’attuale presidente della Repubblica; o a doppio turno, come in Francia. Un sistema in vigore oltralpe da oltre 60 anni (con l’eccezione delle legislative del 1986, quando Mitterrand introdusse il proporzionale, poi subito abbandonato), che finora ha sempre dato maggioranze chiare. Importarlo non sarebbe male, a una condizione: che l’accordo sia ampio e condiviso. Altrimenti al prossimo giro una nuova maggioranza sarà tentata di farsi di nuovo la sua legge.