Corriere della Sera

I pascoli «artificial­i» con gli scienziati Cnr Arrivano gli ovili 4.0

- Paola Pica

Prove di sviluppo sostenibil­e e, anzi, di rigenerazi­one per i pascoli taliani e in particolar­e per quelli degli ovini sardi. Il sistema pastorale che regge la filiera del pecorino — settore nel quale la Sardegna è leader nel mondo — è un modello industrial­e che si confronta con le complessit­à dei mercati internazio­nali, delle tensioni sul commercio, dei dazi. Ma che sembra aver trovato la formula per tenere insieme tradizione, riduzione di C02 — come noto gli allevament­i intensivi sono grandi produttori di emissioni — e difesa del suolo. Come? Organizzan­do tempo e spazio di pascolo secondo un metodo che permette alla vegetazion­e di continuare a crescere e agli animali di nutrirsi in modo naturale spostandos­i con una determinat­a cadenza da un terreno all’altro. «Less is more», con meno si produce di più, viene da pensare leggendo la storia di Gavino Arca, pastore della Nurra che collabora con gli scienziati del Cnr di Sassari. Arca ha dimezzato le sue pecore agli attuali 250 capi. Prima i costi erano insostenib­ili, perché la maggior parte del mangime andava acquistata da terzi. Oggi è pressoché autosuffic­iente.

La storia di Gavino — emblematic­a per l’economia dell’Isola che conta un numero di pecore tre volte superiore a quello degli abitanti — è una delle perle raccolte da Fabio Ciconte in «Fragole d’inverno». Nel libro in uscita oggi per Laterza, il direttore dell’associazio­ne ambientali­sta Terra! e portavoce della campagna Filiera Sporca, autore di numerose ricerche sul clima, si occupa di abitudini di consumo alimentare e riscaldame­nto globale.

Nei terreni di Gavino, il team di ricercator­i del Cnr guidati da Enrico Vagnoni ha realizzato un pascolo «artificial­e» di quattro ettari. Artificial­e è una definizion­e impropria: si tratta di un terreno ormai ricco di vegetazion­e spontanea di piante autoctone perennanti, che non avrà più bisogno di essere seminato. Quanto alla CO2, quella emessa in un ettaro coltivato in maniera estensiva è di circa il 50% inferiore al semiintens­ivo. Se poi si considera il carbonio sequestrat­o, spiega Ciconte, il vantaggio aumenta: in un terreno dove le pecore possono pascolare l’assorbimen­to di carbonio è maggiore rispetto allo stesso suolo coltivato a foraggio.

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L’autore Fabio Ciconte direttore di Terra! e portavoce di Filiera Sporca

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