«Vi spiego le regole per proteggerci»
Ilaria Capua: tutti devono rafforzare il proprio impegno Non è la scuola la causa dell’esplosione dei contagi
«Spostarsi poco, usare sempre la mascherina, anche nelle auto del car sharing» ribadisce la virologa Ilaria Capua.
La curva dei contagi è verticale: quasi 75 mila positivi in Italia. Ilaria Capua, direttore One Health Center of Excellence dell’Università della Florida, che cosa ci dobbiamo aspettare?
«La domanda giusta è: come ci dobbiamo comportare? Assistiamo a una circolazione vivace del virus, siamo passati da 1.500 a oltre 5 mila casi al giorno. È il momento di rafforzare l’impegno: la mascherina va portata sempre, tranne che in casa e nella propria macchina se si è soli. Se si usa il car sharing meglio indossarla. Lavare e disinfettare le mani più spesso possibile. Il virus viene trasportato da goccioline pesanti che tendono a cadere rapidamente: ecco perché la distanza di due metri ci protegge».
Come valuta la situazione nelle scuole?
«Abbiamo la fortuna di averle aperte dopo altri Paesi europei e quindi con una certa consapevolezza. La circolazione virale nelle scuole c’è, ma non è la causa dell’esplosione dei contagi».
Il governo sta valutando di mettere dei limiti alle feste private.
«Lo trovo giusto, ma più che il numero conta la provenienza e lo stato sanitario dei presenti. Paradossalmente il raduno di cento abitanti di un paesino sarebbe meno rischioso di un gruppetto di individui di aree diverse».
Ritiene possibile la chiusura di alcune regioni?
«Escluderei questa ipotesi, credo che oggi più che mai dobbiamo affidarci al buon senso che ci fa sopravvivere, imparare e crescere. Di troppe regole si muore. Il problema Covid non lo risolveranno i politici, ma i singoli individui che si sentono parte di una collettività».
Dal punto di vista sanitario siamo a rischio?
«Vivo da quattro anni negli Stati Uniti e non conosco nel dettaglio la situazione italiana. Di certo però nell’autunno 2020 gli ospedali sono più preparati di quanto lo fossero nell’inverno 2019. A marzo poi c’è stata una situazione incomprensibile in Lombardia, tanto che ci siamo chiesti se circolasse un virus diverso. La risposta è no, in Lombardia c’è stata purtroppo una convergenza di fattori negativi e il Sistema sanitario ha mostrato delle grandi fragilità. Adesso le persone deboli sanno che si devono proteggere, ecco perché le terapie intensive sono semivuote. Molte signore hanno cambiato pettinatura, per evitare di andare ogni settimana dal parrucchiere».
Qual è la cosa che la preoccupa di più?
«La cosiddetta pandemic fatigue: si verifica quando i pazienti, ma anche le strutture sanitarie e i decisori politici perdono energie, si immobilizzano. L’antidoto è concentrarsi sulle questioni davvero urgenti e necessarie. Per esempio, per quanto riguarda i tamponi, bisogna snellire le procedure, evitare che si formino code nei punti-prelievo o che le persone aspettino giorni per avere il referto. Come singoli individui diamo la priorità a poche regole: spostarsi il meno possibile e sempre con la mascherina, mantenere la distanza di due metri, lavarsi le mani. Con l’unione di questi comportamenti siamo protetti, un po’ come la matrioska più piccola racchiusa dentro le altre».
Ha senso limitare la movida notturna?
«Sì, perché si tende a stare senza mascherina e a parlare ad alta voce. Urlare e cantare sono i modi migliori per diffondere l’infezione. La vita notturna va reinventata, altrimenti il virus continuerà a circolare tra i giovani adulti e alcuni di loro arriveranno alla forma grave della malattia. Inoltre i giovani possono contagiare parenti, amici e colleghi più in là con gli anni. Per un po’ certe cose non si potranno fare, vanno cercate soluzioni alternative e creative».
Come valuta il cocktail di anticorpi monoclonali con cui è stato curato il presidente Trump?
«Per fare un paragone bellico lo definirei un missile terra-aria: bisogna però abbassare i costi di questi farmaci».
La pandemia ci può insegnare qualcosa di buono?
«Voglio vedere il lato positivo di questa catastrofe: restiamo fedeli alle misure di sanità pubblica che abbiamo imparato: lavarsi le mani, vaccinarsi contro l’influenza. Abbiamo poi l’opportunità di ripensare alcuni grandi sistemi in chiave sostenibile, come la mobilità, il lavoro e la salute».
Mobilità e lavoro
Possiamo ripensare alcuni grandi sistemi in chiave sostenibile, come la mobilità e il lavoro