Corriere della Sera

«Carlo, il mio studente beato Era come un pezzo di cielo»

Il padre gesuita Gazzaniga ricorda Acutis. Ieri la proclamazi­one ad Assisi

- Di Gian Guido Vecchi

«Il mio Carlo, che hanno proclamato beato era di quelle persone che, quando ci sono, tu stai meglio — racconta padre Roberto Gazzaniga —. Lo vedevo e mi veniva da dire: questo è un pezzetto di cielo per gli altri ragazzi»

«Il mio allievo beato: era un pezzo di cielo»

«Aveva una finezza, una signorilit­à innate…Per dire: c’era il portinaio, Mario, una figura storica del Leone XIII. Carlo, come altri ragazzi, lo salutava ogni mattina all’ingresso. Però capitava che talvolta entrasse dalla piscina, a lato. Mario mi ha raccontato che in quei giorni “il Carlo” andava a salutarlo all’intervallo, quasi scusandosi di non averlo fatto prima». Il padre gesuita Roberto Gazzaniga era assistente spirituale dei liceali in quegli anni, una figura analoga a quella della guida negli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio. E lo ricorda bene, Carlo Acutis, il ragazzo milanese di 15 anni morto nel 2006 di leucemia fulminante che ieri, nella Basilica Superiore di Assisi, è stato proclamato solennemen­te «beato».

Che ragazzo era Carlo?

«Un ragazzo capace di sorridere e scherzare, una presenza positiva. Una di quelle persone che, quando ci sono, tu stai meglio. Che ti aiutano a vivere, a livello umano e di fede. Lo vedevo e mi veniva da dire: questo è un pezzetto di cielo per gli altri ragazzi».

Si è ripetuto: un ragazzo normale. È così?

«Sì, ma di una normalità, una quotidiani­tà dotata di spessore. Carlo era dotato. Molto. Sia dal punto di vista intellettu­ale — vidi i suoi libri di informatic­a: erano testi universita­ri — sia da quello spirituale. E sa una cosa? A quell’età c’è molta competizio­ne. Si tende a non sopportare chi si distingue. Eppure con Carlo non era così. Aveva carisma. Era anche un bel ragazzo, le compagne lo notavano… Eppure non c’erano invidie. Non ho mai visto nessuno che litigasse con lui. Gli volevano bene. Una capacità rara di coltivare i rapporti umani. Uno dei compagni che a scuola faceva più fatica mi chiese di servire messa al funerale, Carlo lo aveva aiutato».

Già si parla del primo santo dei «millennial­s» e patrono di internet. Che modello è per i coetanei?

«Il modello di un testimone che evangelizz­a per come è, con il suo esempio. Non un credente “militante” che fa proselitis­mo. Parlando con il suo parroco, ho saputo che andava in chiesa ogni giorno, per l’eucaristia e la preghiera personale. Faceva volontaria­to, aiutava i più poveri e disagiati. Tutto questo si notava perché c’era e si vedeva, ma non era mai ostentato».

La discrezion­e…

«Sì, uno che vive la sua fede senza nasconderl­a né gettarla sul banco, che non la fa pesare e non accende nessuna luce su se stesso. Ma i santi sono questi: gente che vive la realtà quotidiana con impegno e una certa disinvoltu­ra. Con il sorriso, con naturalezz­a. Per lui era come respirare. E non si tirava mai indietro».

Ad esempio?

«Ricordo che gli chiesi di preparare un Powerpoint, lui che era così impegnato nella carità e capace al computer, per illustrare le attività di volontaria­to del Leone XIII, il doposcuola, la mensa per i poveri, l’insegnamen­to dell’ italiano agli stranieri... Aveva appena iniziato la quinta ginnasio, era un compito che avrebbe spaventato tanti, da proiettare in tutte le classi. Lui ci si gettò a capofitto. Non ha potuto concluderl­o. Il venerdì in classe non c’era. Una brutta febbre, il suo vecchio pediatra capì e disse di portarlo subito al San Gerardo di Monza. Ma non ci fu nulla da fare».

Morì in tre giorni…

«Lo portarono a casa. Era vestito con una tuta semplice. Ricordo che dissi alla mamma: troverà quello che ha scritto. Più tardi mi mostrò un libretto. Carlo, a tredici anni, scriveva che la vita è una cosa bella e impegnativ­a e non la si costruisce su ciò che è effimero. Aveva elencato una serie di virtù e disegnato una montagna dove si elevavano gradualmen­te. Un ragazzo di tredici anni, si rende conto?».

«Scriveva che la vita è bella e impegnativ­a e non la si costruisce su ciò che è effimero»

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Carlo Acutis, morto all’età di 15 anni per una leucemia fulminante, è il primo «millennial» a essere proclamato beato
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Un momento della messa di beatificaz­ione ad Assisi di Carlo Acutis. A presiedere alla funzione religiosa il cardinale Vallini e alla presenza di pellegrini dell’Italia e del mondo
(foto dal gruppo Jesus and I / Facebook) Funzione Un momento della messa di beatificaz­ione ad Assisi di Carlo Acutis. A presiedere alla funzione religiosa il cardinale Vallini e alla presenza di pellegrini dell’Italia e del mondo

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