Gualtieri più ottimista E ricuce il rapporto con le aziende
Potremmo descrivere il confronto di ieri tra il ministro Roberto Gualtieri e il presidente di Confindustria Carlo Bonomi con il titolo di un film: «Quasi amici». L’occasione era la presentazione del Rapporto del Centro Studi Confindustria e Bonomi ha avuto buon gioco a mettere sul piatto le buone performance del manifatturiero. «E’ la locomotrice d’Italia e se vogliamo che tiri gli altri vagoni dobbiamo darle velocità». Indubbiamente in queste mesi molti settori (auto, arredo, pharma e persino giocattoli) sono riusciti a incrociare la domanda e a tirar su produzione industriale e Pil. È una buona notizia anche perché si tratta di un pezzo d’Italia che agisce in regime di piena apertura/concorrenza e i suoi successi valgono doppio. E assicurano a Confindustria, al di là di tutte le considerazioni sulla disintermediazione, ancora un ruolo-chiave. La locomotrice però rischia di frenare: gli ordinativi del quarto trimestre ‘20 non sono brillanti come avrebbero potuto e la produttività ristagna. «E quindi non è una ripresa a V» ha chiosato Bonomi. Il governo, nella persona di Gualtieri, non può che apprezzare chi si prende l’onere di trascinare il convoglio e da qui il plauso «al rimbalzo della manifattura, superiore alle previsioni» e la quasiamicizia con un interlocutore che pure ha dimostrato di non avere peli sulla lingua. Nel dettaglio le previsioni del Mef e di Confindustria non sono identiche: più ottimista il primo, più prudente la seconda (-9% il Pil a fine anno contro -10% e 0,3 di differenza sul Pil 2021) ma il ministro ha aperto all’ipotesi di moratoria per plastic e sugar tax, ha garantito impegno su Transizione 4.0, la ripresa degli investimenti pubblici, di affrontare il mismatch del mercato del lavoro e, soprattutto, di non chiudere gli occhi davanti al tema del debito. Infine vale la pena sottolineare un passaggio dell’economista Daniel Gros, discussant del Rapporto: «Le catene del valore hanno reso l’industria europea un sistema integrato. E anche le politiche dei governi nazionali (leggi Germania, ndr.) ne hanno tratto le conseguenze. Riconoscendo che i problemi del vicino sono i miei».