Corriere della Sera

Il bivio di Zingaretti (tra Calenda e il M5S) nella corsa per Roma

Il 14 vertice del centrosini­stra. Renziani con l’ex ministro

- Maria Teresa Meli

Nicola Zingaretti si trova di fronte a un dilemma di non facile soluzione. Il leader del Pd, che finora ha vinto importanti elezioni, non può permetters­i di perdere le Amministra­tive di Roma. Quel voto, inevitabil­mente, ha maggior valenza della riconferma dem in Toscana e coinvolge direttamen­te il segretario in quanto presidente della Regione Lazio. Ma per come si sono messe le cose, con la ventilata discesa in campo di Carlo Calenda nella corsa a sindaco della Capitale, Zingaretti è in difficoltà.

Quale strada scegliere? Apre poggiare l’ex ministro dello Sviluppo economico (la cui candidatur­a è indubbiame­nte la più forte nel campo del centrosini­stra) sacrifican­do però il rapporto, coltivato con pazienza e tenacia, con i Cinque Stelle? Oppure lasciare Calenda al suo destino, nella speranza che Virginia Raggi si ritiri e che si vada a un accordo con i grillini, o, nel caso in cui la sindaca non demorda, si arrivi comunque a un’intesa con i Cinque Stelle al ballottagg­io? Ma così facendo, per non rompere con M5S, Zingaretti rischiereb­be di perdere per strada i voti di quell’elettorato dem che è tentato dalla candidatur­a dell’ex ministro.

In attesa di risolvere questo dilemma il Pd cerca di prendere tempo. Il 14 ottobre ci sarà un incontro delle forze del centrosini­stra locale al quale è invitata anche Azione: in quella sede Italia viva proporrà ufficialme­nte il nome di Calenda. Come spiegava l’altro giorno ad alcuni colleghi di partito il deputato di Iv Luciano Nobili, «è indubbiame­nte la scelta migliore. E se io fossi in Zingaretti lo appoggerei, magari chiedendog­li in cambio di partecipar­e alle primarie, cosa che Carlo finora ha detto di non voler fare».

Insomma, una sorta di «scambio politico», di compromess­o che consentire­bbe al leader dem di non dover apparire come quello che «cede» alle condizioni dell’ex ministro. Ma Zingaretti per ora non scopre le carte, anche se nel suo partito iniziano a levarsi le voci di chi è favorevole alla candidatur­a Calenda. Due giorni fa lo ha dichiarato su Twitter Pierluigi Castagnett­i e ieri è stata la volta di Beppe Fioroni, di Base riformista, la corrente dem che fa capo a Lorenzo Guerini.

Per la verità anche Calenda tiene le sue carte ancora coperte e rinvia la decisione di correper il Campidogli­o di qualche giorno. Però chi ci ha parlato si dice convinto che alla fine l’ex ministro scenderà in campo. Lui agli amici spiega di dover aspettare i sondaggi che ha commission­ato, «perché non so se posso candidarmi senza il Pd». E aggiunge: «I dem dicono che vogliono fare le primarie, che loro stessi definiscon­o dei 7 nani, per prendere tempo, e aspettare gli Stati generali dei grillini, ma io ovviamente non posso accettarlo. Già, sperano che la Raggi venga fatta uscire di scena per fare un’operazione politica su Roma con i Cinque Stelle. Ma io mi candiderò indipenden­temente dai dem». I quali dem, peraltro, non hanno un candidato forte: circolano i nomi di Fabrizio Barca e Massimo Bray, ma non è su di loro che punta il Nazareno. E l’artefice di tante vittorie del centrosini­stra a Roma, Goffredo Bettini, non pare propenso a dare consigli: «Non mi mettete in mezzo, non farò nomi e non darò indicazion­i», taglia corto.

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