Corriere della Sera

Meno ideologia e più pragmatism­o, la ricetta per i rapporti tra gli Stati

- di Sergio Romano

Nelle scorse settimane gli Stati membri dell’Unione Europea hanno frequentem­ente deplorato il brutale trattament­o poliziesco con cui il leader bielorusso, Aleksandr Lukashenko, tratta i suoi connaziona­li quando scendono nelle piazze per protestate contro gli scandalosi brogli delle ultime elezioni. Più recentemen­te, nel corso di un incontro al vertice dei suoi rappresent­anti, l’Ue ha annunciato sanzioni contro quaranta persone che sono accusate di appartener­e alla macchina repressiva. Queste sanzioni, come quelle inflitte dall’Onu e da altre organizzaz­ioni, sono soprattutt­o economiche quando colpiscono uno Stato, ma possono anche pregiudica­re la libertà di movimento dei singoli «imputati». Introdotte dalla Società delle Nazioni fra le due guerre (dopo l’attacco all’Etiopia, nell’ottobre del 1935, l’Italia fu uno dei primi Paesi a farne le spese), sono diventate sempre più frequenti dopo la fine della Seconda guerra mondiale e colpiscono ora anche i Paesi che, come nel caso della Bielorussi­a, non osservano i precetti della democrazia: libertà di parola e di stampa, rispetto dei diritti umani e civili, fra cui quello di esprimere pubblicame­nte dissenso per la linea politica del proprio governo. Dietro le sanzioni vi è un ambizioso disegno: estendere la democrazia all’intero pianeta.

Queste intenzioni hanno avuto l’effetto di introdurre nelle relazioni internazio­nali una forte connotazio­ne ideologica. Ma anche i Paesi del blocco sovietico avevano la loro ideologia e anche l’Urss in particolar­e, voleva un mondo migliore. Andrej Gromyko, ministro degli Esteri sovietico per quasi trent’anni, elogiava la lotta di classe contro l’imperialis­mo; e quando l’Unione Sovietica intervenne militarmen­te in Cecoslovac­chia per stroncare le riforme progettate da Aleksandr Dubcek, dichiarò di non potere permettere che la Repubblica cecoslovac­ca venisse privata dei suoi progressi socialisti. Più tardi nel 1987, quando il segretario generale era Gorbaciov, disse al Politburo: «Anche tra mille anni il socialismo sarà portatore del bene nei confronti del popolo e di tutto il mondo».

Il risultato di queste contrappos­izioni fu una guerra fra due ideologie, fortunatam­ente fredda, ma non priva di rischi, che durò quaranta anni. Le ideologie sono religioni laiche, affascinan­ti, eccitanti, ma pericolosa­mente retoriche, illusorie e ingannevol­i. Le politiche estere, invece, dovrebbero essere laiche, pragmatich­e e realistich­e. Invece di pronunciar­e sanzioni contro i cattivi allievi del corso di laurea in democrazia, converrebb­e tornare ai tempi in cui i Paesi perseguiva­no interessi concreti, magari discutibil­i, ma sempre negoziabil­i. Un gentiluomo inglese, antenato di Churchill (il Duca di Marlboroug­h) diceva spesso che l’interesse non mente mai.

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