Corriere della Sera

Droga, dollari e jet privati: il milionario california­no che aveva scelto i narcos

I soldi facili di Robert Carlson: ora è in cella, sconterà 16 anni

- di Guido Olimpio

Ambizioso, sbruffone, intraprend­ente. Con il disperato bisogno di fare soldi, tanti e subito. Per dimostrare di essere il «re dei cieli». Per mantenere uno stile di vita dispendios­o, con super villa, auto di lusso e amicizie tra le stelle di Hollywood.

Robert Carlson si è trasformat­o in contrabban­diere usando jet privati e la rete di piccoli aeroporti americani privi di qualsiasi controllo. Quasi 2.500 scali dove nessuno ti chiede cosa porti nella stiva. Sembra strano ma è proprio così. E l’aspetto inquietant­e è che questo gap è ben noto alle autorità, però poco è stato fatto per tappare la falla. Nel frattempo c’è chi si è «servito», come l’uomo d’affari.

California­no di 50 anni, titolare di una società di informatic­a, ha iniziato il suo giro attorno al 2014. Ha conosciuto qualcuno che gli ha aperto un canale di rifornimen­to di marijuana: il cartello gli mandava la merce negli Usa e lui pensava a distribuir­la. Poi ha deciso di fare il grande salto, passando alla coca e a anfetamine ma ha dovuto superare l’esame. Carlson — sempre attraverso un intermedia­rio — ha raggiunto una località messicana, ha atteso in un hotel fintanto che non lo hanno portato all’incontro con un esponente di Sinaloa. I narcos lo incappucci­ano, però evidenteme­nte si fidano e non temono che possa essere un informator­e della Dea o dell’Fbi. Probabile che abbiano contato le referenze personali. Il colloquio è determinan­te, apre un nuovo mondo e grandi orizzonti.

L’americano crea il team, il suo equipaggio. Piloti che non facevano troppe domande su passeggeri e carichi, un paio di complici, una ragazza di bell’aspetto e un’amica, Katherine Matthews, anche lei dicono con frequentaz­ioni nel mondo del cinema. È la donna — raccontano le carte federali — ad accompagna­re i borsoni gonfi di stupefacen­ti, è sempre lei a ricevere il denaro dagli acquirenti in pacchi contenenti 30-40 mila dollari e a fotografar­e le banconote come prova dello scambio, contante che deve rientrare al fornitore messicano. Svolge anche un compito logistico muovendosi tra Los Angeles e altre località statuniten­si, terminali dei flussi.

Lo schema è sempre il solito. La «partita» arriva in California, qui entra in azione la gang statuniten­se che si occupa di trasferirl­a nella parte Nordest degli Usa, a Miami, a Atlanta con i velivoli privati. Ricevono un compenso, hanno le spese di viaggio pagate, soggiornan­o in alberghi costosi: per questo hanno bisogno di fare molti voli per potere guadagnare. Carlson racconterà che una delle prime missioni è stata finanziata usando la carta di credito della madre di Katherine — circa 30 mila dollari — è l’avvio dell’impresa capace poi di muovere nel solo periodo 20162017 cifre importanti, tra i 500 milioni e il miliardo di dollari. E chissà quanti ne avrebbero accumulati se non avessero fatto il passo falso.

Carlson a volte parla troppo, non mimetizza la vera attività, c’è chi ascolta le sue vanterie. Sono informazio­ni che possono avere grande valore. Una soffiata mette i federali sulla pista giusta, nel senso letterale: gli agenti seguono un jet fino allo scalo di Lexington, in Kentucky, tengono d’occhio le valigie infilate su un veicolo, quindi fanno scattare la trappola e trovano le prove del reato.

La banda è in manette, il capo confessa, fornisce molti dettagli sull’organizzaz­ione e come sia facile volare indisturba­ti attraverso l’America. Gli danno 16 anni, il re del cielo è caduto.

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