Sveva fa un passo più in là
Esce dopodomani il romanzo «Il falco» (Sperling & Kupfer): presentazione su Facebook Un amore maturo per Casati Modignani. E stavolta c’è il sesso, eccome
Per gli sveviani (non nel senso di Italo, ma di Casati Modignani) ortodossi questo è l’anno della svolta: nei libri di Sveva si riaffaccia il sesso. La vulgata recitava che nei suoi romanzi non ci fosse nemmeno l’ombra di una carezza intima, ma non è così: i più osservanti ricordano bene i primi titoli, quando si indugiava su questo o quel dettaglio scabroso. Però l’esegesi più approfondita suggerisce che quelli fossero tutto sommato conformismi di gioventù. E così oggi, a 82 anni e 33 romanzi, Sveva Casati Modignani ha deciso di lasciarsi andare.
Con misura, intendiamoci. Perché Il falco, il nuovo romanzo — come sempre pubblicato da Sperling & Kupfer —, è prima di tutto una storia d’amore e d’anarchia (femminile). Con una variazione ulteriore: stavolta la versione di lui e quella di lei sono sullo stesso piano e occupano lo stesso peso nella storia. Insomma Sveva si sdoppia e pensa come un uomo per una buona parte del libro. Impossibile non calarsi il cappello davanti alla deliziosa cattiveria che accompagna le prime pagine: Giulietta, una sessantenne bella ma poco attenta al suo aspetto, si sente dire dalla figlia che altre donne della sua età «come Alba Parietti e Barbara D’Urso» si mantengono invece benissimo. E già qui c’è tanta Sveva: noia altoborghese, franchezza lombarda, una punta di realismo snob. Anche se lei, snob, non lo è tanto nei romanzi quanto nella vita reale: potrebbe abitare in via Gesù, ma vive ancora nella casa che fu della nonna, in una traversa di via Padova, una zona difficile di Milano. Perché? Ma per pigrizia, naturalmente, forse l’unico vero regalo che una donna possa fare a sé stessa.
Il sesso, si diceva. In realtà lo schema Casati Modignani resiste per buona parte di queste quasi cinquecento pagine: il clima si scalda, si arriva al momento decisivo, c’è un barlume di pelle nuda ma poi si passa frettolosamente al dopo, quando i due «giacciono esausti l’uno accanto all’altra» e gli sveviani, come sempre, sono costretti a uno sforzo di immaginazione. Però stavolta, dopo circa trecento pagine, ecco un’audacia insolita, seppur mitigata dall’armamentario metaforico di Casati Modignani: «bosco delle delizie» e così via. E non finisce qui: si va avanti e ci si ritrova ad arrossire come un’infermiera di Liala. Perché questa scelta? Viene da pensare che per Sveva sia un puro vezzo aristocratico, tipico delle donne che imparano a dire quello che vogliono. E lei lo fa bene.
Il falco è la storia di un amore interrotto in gioventù e ricucito in piena maturità tra Giulietta e Rocco, una bella e giudiziosa ragazza nordica e un inquieto siciliano trapiantato a Milano. Si ritrovano quando lei, ormai nonna e vedova, legge sul «Corriere della Sera» dei successi di lui, diventato un imprenditore ricco e potente. E qui si svela un altro topos della scrittrice nata Bice Cairati e diventata un’autrice da 12 milioni di copie: il divertimento nel capovolgere gli stereotipi, come quello della donna economicamente debole che si innamora del boss danaroso. Perché è pur vero che Giulietta legge di lui sul giornale e il passato le si ripropone con una nostalgia camuffata da risentimento, ma è anche vero che prima di arrivare al bosco di cui sopra ne dovrà passare di tempo.
E ne passeranno di tragedie. Così, tra un colpo di destino e un altro, ecco la lista delle umane sciagure, perché un altro vezzo sveviano è quello di inserire qua un incidente, là un aereo disperso o un arresto clamoroso. I lettori si divertono perché, in una sorta di transfert letterario, immaginano prima di tutto il divertimento di questa signora bionda e ancora bella, asciutta e disinvolta quando prende la sua eroina e la manda all’ospedale, così, perché si stava annoiando. Ma anche se non si è sveviani ortodossi, come si fa a non amare una scrittrice tradotta in venti Paesi che in un’intervista (a Valeria Palumbo di «Oggi», poco tempo fa) ha detto: «Se sto scrivendo? Oh, sì, una delle mie ciofeche».
E in un panorama fatto di tanti autori e autrici che scrivono (davvero) ciofeche, ma convinti di fare alta letteratura, come si fa a non amare una che non si prende sul serio e continua imperterrita a mettere dei lieto fine a tutte le sue storie?
A chi le chiede perché risponde che lo fa per donare buonumore ai suoi lettori e verrebbe da crederle, se non si insinuasse il sospetto: e se lo facesse per burlarsi della vera letteratura rosa, quella che non ha mai voluto realmente abbracciare?
Anzi, Casati Modignani preferisce una sana imprecazione all’espressone «genere rosa», categoria che ritiene del tutto inadeguata a raccontare i rapporti amorosi. Nei suoi libri il destino è una macchina che si muove solo se sostenuta da volontà, impegno, studio. Specie da parte delle donne, che lei ha spesso incoraggiato all’autonomia e alla crescita personale. Ha affrontato il tema del lavoro femminile e quello dell’omosessualità. Ha stretto una forte amicizia con Maurizio Landini per capire come funziona il sistema dei sindacati. Cita il John Steinbeck meno conosciuto, quello di Pian della Tortilla, e nei suoi libri la questione degli squilibri economici ha spesso lo stesso peso degli intrecci sentimentali. I suoi libri sono sovente ambientati nelle case dei ricchi, ma alla fine la donna che vince non lo fa perché dimostra di essere fedele o (peggio ancora) paziente, ma vince perché si è impegnata e ha capito come funziona quel mondo.
Se si scorrono i suoi titoli uno dopo l’altro, come se fossero i versi di un poema beat, ci si accorge che lei ha accompagnato la crescita culturale di questo Paese: si va da Anna dagli occhi verdi (1981) a Singolare femminile (2007), in un percorso lineare, limpido, senza mai una velleità fuori posto. Allora, anche se non si è sveviani ortodossi, ci si può ritrovare tutti insieme — uomini e donne, perché non ha solo «lettrici» — a dirlo ancora una volta: «Sveva, facci sognare».
Noia alto-borghese, franchezza lombarda, una punta di realismo snob per narrare di Giulietta