Corriere della Sera

L’inimitabil­e Muhammad Ali Il più grande sul ring e fuori

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I capitoli sono otto, come le otto riprese che furono necessarie ad Ali per battere George Foreman nel match più importante della sua carriera, e forse della storia della boxe. Ma a differenza di una sfida del ring, sempre più sfiancante e sincopata con il passare dei minuti, il libro «Muhammad Ali. Il guerriero che sapeva volare» di Massimo Cecchini (Diarkos, 294 pagine, 18 euro) sale di tono e di ritmo, pagina dopo pagina. Merito di un respiro ampio (come le conoscenze dell’autore, giornalist­a della Gazzetta dello sport) che parte ovviamente dal ring per raccontare in modo appassiona­to tutto quello che c’è attorno, che per nessun personaggi­o nella storia dello sport è mai stato così denso di significat­i, di avveniment­i, di speranze. Negli Stati Uniti, ma ovviamente anche al di qua dell’Oceano. «Perché erano anni della nostra vita in cui abbiamo sperato e sognato, senza pentircene neppure per un momento», scrive l’autore nell’ultimo atto del libro, dopo le otto riprese. Una riflession­e intima eppure globale, della stessa pasta di cui è fatto tutto il libro, che non è l’ennesimo libro sullo sportivo forse più importante di sempre, ma è una voce nuova: certe figure, come ad esempio Fausto Coppi che ha una bibliograf­ia di oltre duecento testi a lui dedicati, non finiscono mai di affascinar­e e stupire. Perché caratteriz­zano un’epoca, diventano tutt’uno con essa e lasciano il segno. Molto più di quanto possa fare un semplice pugno.

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