La Norvegia concede l’asilo a un polacco: «Perseguitato»
Per la prima volta la Norvegia garantisce asilo politico a un cittadino polacco. Rafal Gawel, fondatore e direttore del Centro per il monitoraggio dei comportamenti razzisti (Omzrik) nella città di Bialystok, aveva lasciato il suo Paese, insieme alla moglie e alla figlia, nel gennaio del 2019 poco prima che una Corte d’Appello confermasse la condanna a due anni di prigione per frode, firme false e alterazione di documenti finanziari. Lui si è sempre proclamato innocente: «Sono il primo polacco che è riuscito ad ottenere asilo dai tempi del comunismo, 30 anni fa — ha detto al telefono all’Associated Press —. Mi hanno salvato la vita». Negli scorsi anni Omzrik aveva presentato 45 denunce per razzismo che, secondo Gawel, avevano infastidito gli apparati giudiziari. Eclatante il caso del procuratore Dawid Roszkowski che si era rifiutato di rinviare a giudizio un gruppo per l’uso della svastica sulla base del fatto che il simbolo viene usato anche nell’induismo. Roszkowski era stato poi promosso.
La decisione dell’Immigration Appeals Board (Une) è stata annunciata il 30 settembre a due anni dalla presentazione della richiesta ed è stata letta come l’ennesimo segno del calo internazionale di fiducia nel sistema giudiziario polacco, sempre più asservito al potere politico.
La Commissione ha esaminato con attenzione la sentenza di condanna della Corte d’Appello polacca e ha accolto la richiesta per tre motivi: la mancanza di un processo equo, lo scarso controllo che le autorità polacche esercitano sulle milizie di estrema destra e il fatto che le accuse contro Gawel apparissero come una persecuzione politica. «La documentazione presentata era così estesa e le spiegazioni dell’appellante così convincenti da non poter essere rifiutate» ha spiegato Marianne Granlund, capo dipartimento dell’Immigration Appeals Board.
Prima che la domanda d’asilo fosse accolta Varsavia aveva presentato una richiesta di estradizione che Oslo aveva rifiutato. La scorsa settimana un tribunale tedesco aveva preso una decisione simile esprimendo «dubbi sull’indipendenza del sistema giudiziario». Nel 2018 la Corte di giustizia europea aveva autorizzato gli Stati membri della Ue a rifiutarsi di eseguire ordini di arresto emessi dalla Polonia in caso di dubbi sulla possibilità di un processo equo.
Ora Gawel e la moglie potranno vivere e lavorare in Norvegia, insieme con la figlia, per un anno ma il loro avvocato, Lukasz Niedzielski, ha assicurato che l’asilo potrà essere facilmente esteso.