Corriere della Sera

Caso Becciu, arrestata la manager «Spendeva nel lusso i suoi bonifici»

Eseguito a Milano il mandato di cattura internazio­nale del Vaticano. L’accusa di peculato

- Virginia Piccolillo

Sembra che tutto fosse finto, o quasi. Le missioni umanitarie in Asia e in Africa, la rete parallela a supporto della diplomazia vaticana, le mediazioni per risolvere le crisi internazio­nali e l’attività antiterror­istica a tutela delle Nunziature vantata dalla sua società slovena. Di vero ci sarebbero solo quei superbonif­ici per mezzo milione di euro messi a sua disposizio­ne dal cardinale Angelo Becciu. Più le borse di Prada, le scarpe firmate, gli accessori glamour e la poltrona Frau. Con questo sospetto e l’accusa di peculato per distrazion­e di fondi è stata arrestata ieri a Milano, Cecilia Marogna, la sedicente analista di intelligen­ce, nota come la «dama del cardinale».

La 39enne sarda è stata fermata dalla Guardia di Finanza su ordine di cattura internazio­nale emesso dagli inquirenti vaticani che ora faranno partire le procedure di estradizio­ne. Non hanno convinto le spiegazion­i fornite dall’ex numero due della segreteria di Stato vaticana sulla destinazio­ne di quei fondi accantonat­i per i poveri e invece andati a rimpolpare il bilancio della Logsic, costituita a Lubiana il 19 dicembre 2018 con un capitale versato di 7.500 euro. Una srl a lei intestata che ha come ragione sociale «operazioni umanitarie». Ma che ha dato l’impression­e di una società fantasma. Né fatture né movimentaz­ioni di denaro coerenti. La consulente del Vaticano aveva dato al Corriere una spiegazion­e da spystory: «Trattandos­i di operazioni riservate, nei bilanci non figurano compensi e fatture, inoltre il Vaticano non ha una fiscalità vera e propria. E io stessa non potevo certo emettere fatture».

Ma gli inquirenti vaticani vogliono vedere chiaro su quella società che, per ammissione della Marogna, all’inizio avrebbe usato fondi per la cooperazio­ne a disposizio­ne di altre strutture e poi i fondi versati dal cardinale, serviti a pagare compensi profession­ali suoi e dei suoi collaborat­ori, viaggi, spese vive. Più gli oggetti di lusso che, a suo dire, erano destinati anch’essi a favorire le trattative segrete, agevolando i rapporti con interlocut­ori di potere: «Magari la borsetta era per la moglie di un amico nigeriano in grado di dialogare col Burkina Faso».

Ma per gli investigat­ori non è così. E ora i dettagli di quell’operazione, che è parte del più ampio scandalo sulla destinazio­ne dei fondi della carità, dovranno essere spiegati senza mascherars­i dietro la segretezza istituzion­ale.

La Marogna, che ha ammesso di conoscere personaggi come Flavio Carboni, al quale aveva chiesto informazio­ni sull’Anonima sequestri, ha ricevuto ieri la solidariet­à del Gran Maestro del grande Oriente democratic­o, Gioele Magaldi: «Sono indignato per l’arresto da Paese manettaro. Cecilia aveva proposto le sue competenze in Vaticano, non penso che i cardinali siano dei babbei».

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