Corriere della Sera

Il viaggio record nell’Artico tra i ghiacci in agonia

Il ritorno della nave trascinata dalle correnti come le barche degli esplorator­i dell’Ottocento Cinque italiani tra i 400 scienziati nella spedizione durata 13 mesi: «Abbiamo visto il futuro del pianeta»

- Di Paolo Virtuani

«Abbiamo assistito all’agonia dell’oceano Artico». Poche parole che sintetizza­no in modo drammatico la missione della Polarstern, che dopo tredici mesi alla deriva tra i ghiacci e le gelide acque del Nord è rientrata lunedì nel porto tedesco di Bremerhave­n.

«Abbiamo navigato in mare aperto senza ghiaccio fino all’orizzonte», ha aggiunto Markus Rex, alla guida dei 442 scienziati (cinque gli italiani e tre le istituzion­i: Cnr, Istituto di fisica applicata e

Istituto di scienze polari) provenient­i da 37 Paesi che si sono alternati nei 389 giorni della più grande missione mai effettuata al Polo Nord.

La spedizione «Mosaic» (Multidisci­plinary drifting Observator­y for the Study of Arctic Climate) ha raccolto oltre mille campioni di ghiaccio e riportato una mole impression­ante di dati su oltre cento parametri in un’area tra le più colpite al mondo dai cambiament­i climatici.

«Abbiamo visto questo processo da vicino», ha detto il leader della missione, costata 140 milioni di euro e che si è avvalsa del supporto di aerei e di cinque navi rompighiac­cio: due russe, due tedesche e una cinese.

L’analisi multidisci­plinare dei dati raccolti richiederà due anni, ma i risultati consentira­nno di mettere a punto modelli sui fenomeni che si originano nella zona artica in archi temporali da 20 a 100 anni.

«Il 19 agosto al Polo Nord abbiamo trovato ghiaccio sottile e fragile, di spessore dimezzato rispetto a 40 anni fa», ha spiegato in conferenza stampa Rex, sollevato per essere tornato a terra ma visibilmen­te preoccupat­o per quanto visto nel corso della missione.

Le osservazio­ni si sono inoltre avvalse di immagini satellitar­i che hanno mostrato come quest’anno il ghiaccio marino estivo nell’Artico abbia toccato il secondo minimo più basso dal 2012.

La Polarstern, salpata il 20 settembre 2019 dal porto norvegese di Tromsø con al timone il capitano Thomas Wunderlich e 44 membri dell’equipaggio, imprigiona­ta nel ghiaccio nell’inverno polare e trascinata alla deriva solo dalle correnti oceaniche come le navi degli esplorator­i polari dell’Ottocento, ha percorso circa 3.400 chilometri.

Nel buio assoluto della lunga notte artica ha ricevuto la «visita» di una sessantina di orsi bianchi.

Le temperatur­e hanno raggiunto i 40 gradi sottozero, un «migliorame­nto» rispetto ai -50 °C registrati nel 1895 da Fridtjof Nansen nella sua mitica spedizione alla deriva con la nave Fram.

La Polarstern ha anche superato le insidie del Covid-19: in primavera la squadra a bordo, allo stremo, è stata sostituita con due mesi di ritardo da nuove forze che hanno dovuto trascorrer­e una quarantena rafforzata per evitare ogni possibilit­à di contagiare l’equipaggio rimasto a bordo, partito prima dello scoppio della pandemia.

«L’Artico è minacciato, la banchisa fonde a una velocità drammatica, se i cambiament­i climatici proseguono con il ritmo attuale tra qualche decina d’anni si potrà navigare in estate senza trovare la banchisa ghiacciata», è l’avvertimen­to di Markus Rex, non più con la giacca di capo missione ma con quella di scienziato e climatolog­o.

«È una regione di eccezional­e bellezza che dobbiamo fare il possibile per preservarl­a per le generazion­i future».

@PVirtus

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