«Fenomeno Ferragni», quando la tv generalista incontra i social
La vecchia tv generalista ha incontrato i social e ancora una volta ha vinto. Fossi Chiara Ferragni mai e poi mai avrei accettato di farmi intervistare da Simona Ventura, nelle vesti della zia premurosa e vogliosa di capire le «giovani d’oggi» (Rai2, lunedì). Il «Fenomeno Ferragni» è straordinariamente interessante perché è un mezzo mistero.
Le storie di Instagram sono coinvolgenti e lei ha una capacità narrativa unica, sui social è puro spirito, pura narrazione, «esperanto della contemporaneità». L’università di Harvard ha giustamente studiato Chiara come un caso aziendale (lei si definisce «imprenditrice digitale»); la storia di una ragazzina che in meno di dieci anni ha inciso fortemente sul mondo della comunicazione e della moda merita tutta l’attenzione possibile; la vita quotidiana di una coppia di giovani sposi che diventa non solo esposizione continua ma storytelling, condivisione, empatia (o odio) dovrebbe essere materia di studio più dei comizi di Giorgia Meloni.
Ma la grandezza di Chiara Ferragni sta proprio in quello che non si riesce a capire di lei: la normalità che si trasforma in spettacolo, il carisma della «biondina di Cremona» (rileggere «La bella di Lodi») che con costanza e professionalità diventa «influenza», la narcisata adolescenziale che sposa l’immediatezza di internet e si fa linguaggio. Il film «Unposted» di Elisa Amoruso è poco più che un documentario aziendale, via via sempre più noiosetto, con certe signore intervistate cui volentieri gireresti alla larga. Ma il vero dramma è l’intervista con Simona Ventura.
Qui Chiara si spoglia di ogni fascino, la sua storia d’amore sembra quella fra Albano e Romina, la prima macchina fotografica digitale, vinta con i punti-fragola dell’Esselunga, stinge in neorealismo. La tv generalista s’impossessa della Ferragni, la sintassi diventa fantasia, la grammatica un’illusione e Chiara una specie di Miss Italia.