I DEM CERCANO DI AFFERMARE UNA CENTRALITÀ NON SCONTATA
Un mese fa sarebbe apparso uno scenario velleitario. L’ipotesi di un’intesa per arrivare alla fine della legislatura, rilanciata ieri dal segretario del Pd, Nicola Zingaretti, si sarebbe scontrata con le resistenze del M5S e di Iv; e forse anche contro quelle di una parte del suo partito. Oggi, invece, l’idea di proiettare la maggioranza verso il 2023 suona ancora come un azzardo, ma forse meno avventato. I risultati di Regionali e Comunali, la crisi profonda dei Cinque Stelle e delle ambizioni renziane permettono al Pd di candidarsi a fulcro dei nuovi equilibri.
Il cemento più forte rimane quello del potere. Ma agli occhi di Zingaretti è il male minore rispetto a quando il secondo governo di Giuseppe Conte ha mosso i primi passi, tredici mesi fa. Allora, la tentazione grillina di replicare col Pd lo sciagurato «contratto» con la Lega era esplicita. Ora lo sfondo è cambiato grazie alla solida sponda europea e al terrore di nuove elezioni da parte degli alleati. Questo non basta ancora a dare alla coalizione dignità di maggioranza politica. I
Il rapporto con i grillini è cementato dal potere. Ma il Pd punta a renderlo un patto di legislatura anche attraverso il voto nelle grandi città
contrasti continuano a emergere: basta pensare alle contorsioni del M5S e del premier sull’utilizzo del Mes.
Ma sulle candidature nelle grandi città per il voto di primavera, l’ipotesi di stringere alleanze sta facendosi strada in un Movimento messo di fronte all’alternativa secca di accettare compromessi o sparire. L’attacco di Zingaretti alla sindaca grillina di Roma, Virginia Raggi, è netto e punta a sostituirla: sebbene l’offensiva sia indebolita dall’assenza di un candidato forte del Pd al Campidoglio. E segnala una contraddizione del segretario, che prende tempo e si affida alle primarie per evitare uno scontro con le ambizioni del leader di Azione, Carlo Calenda, in attesa del profilo giusto.
La voglia di sottolineare la centralità del Pd, politica se non in termini di consensi, è evidente. Per quanto sfortunata, l’espressione «vocazione maggioritaria» viene rispolverata proprio in queste ore. Marca un’ambizione che deve fare i conti con i numeri parlamentari e con le incognite sul resto della legislatura. Zingaretti sostiene che esiste «un clima migliore». Ma è un auspicio e insieme una sensazione, non una realtà. «L’idea di un patto di fine legislatura fatta da Renzi ma anche dal M5S», dice, «è un buon segnale».
D’altronde, quando sostiene che la nuova frontiera del governo consiste nel «non sprecare risorse e opportunità», sa di incrociare le indicazioni del Quirinale; e, di nuovo, le richieste della Commissione Ue. La variabile, tuttavia, sarà anche l’atteggiamento di un’opposizione che cerca lentamente di cambiare identità e strategia. Sarà una manovra lenta e dolorosa, in particolare per la Lega. Ma se riesce, cambierà lo schema di questi mesi e il governo dovrà tenerne conto.