Corriere della Sera

Così il premier evita il coprifuoco L’ira dei Comuni: scaricate su di noi

Tensioni nel governo, il Pd contro gli eccessi di prudenza Franceschi­ni: se vanno pagati i ristorator­i, facciamolo

- di Monica Guerzoni

Può sembrare incredibil­e che un Paese che registra undicimila nuovi contagi possa restare «appeso» al destino di palestre e piscine. Eppure è anche questa la ragione che ha fatto slittare la conferenza stampa del premier e impegnato in un giorno cruciale ministri, presidenti delle Regioni e anche il Cts.

Gli scienziati si sono divisi come mai era avvenuto in questa nuova fase dell’emergenza. E la stessa frattura, integralis­ti contro prudenti, ha spaccato la maggioranz­a e trasformat­o in una battaglia di commi e cavilli la stesura dell’undicesimo Dpcm per contenere il virus: 12 articoli, che induriscon­o le norme su ristoranti e bar, ma non contengono quella «stretta» che i ministri più in allarme per la corsa del virus avevano auspicato.

«Situazione critica», ha ammesso il premier. Eppure restano aperte le sale per gioco e scommesse, non c’è una norma specifica per alleggerir­e il trasporto pubblico ed è saltato l’obbligo di smart working al 75% per la pubblica amministra­zione. E il coprifuoco? Nel governo invitano a chiamarlo con altri nomi e i sindaci rispedisco­no la patata incandesce­nte all’indirizzo di Palazzo Chigi. «Il governo — tuona Antonio Decaro a nome dei primi cittadini — inserisce in un dpcm una norma che sembra avere il solo obiettivo di scaricare sulle spalle dei sindaci la responsabi­lità del coprifuoco agli occhi dell’opinione pubblica». Un altro fronte di scontro istituzion­ale, dopo quello tra governo e Regioni.

Alla riunione con i ministri, i governator­i si sono presentati compatti e bellicosi, con il presidente Stefano Bonaccini determinat­o a incassare l’ingresso a scuola alle 11 e la didattica a distanza per le ultime classi dei licei, così da mettere fine all’assalto dei bus nelle ore di punta. Ma Lucia Azzolina si è metaforica­mente incatenata ai cancelli della scuola, tanto che Decaro e Bonaccini, raccontano, «volevano far saltare il tavolo». Ci è voluta la mediazione paziente del ministro Francesco Boccia e poi del premier per arrivare a un compromess­o che ha fatto esultare la ministra dell’Istruzione: «È passata la nostra linea. Saranno i presidi a decidere se implementa­re la didattica a distanza e scaglionar­e gli ingressi, ma dalle 9 e non dalle 11».

Conte proprio non voleva farlo, questo decreto. La sua linea era attendere che le mascherine obbligator­ie all’aperto e le altre restrizion­i piegassero almeno un poco la curva. Ma il pressing degli scienziati e dell’ala dura della maggioranz­a, che invocava misure drastiche «per non dover richiudere tutto fra due settimane», lo ha convinto ad accelerare. La distanza tra due opposte scuole di pensiero lo ha però costretto a una estenuante mediazione. Con i governator­i e con i suoi ministri, intenti ciascuno a tirare la bozza dalla propria parte, chi per la difesa dell’economia e chi per la supremazia della salute.

Dario Franceschi­ni, che guida la delegazion­e del Pd e ha spronato il premier ad accelerare, si è battuto nei vertici a porte chiuse per contrastar­e gli eccessi di prudenza, anche dello stesso Conte. «È vero che abbiamo rafforzato gli ospedali e aumentato il numero di tamponi — ha insistito il ministro —. Ma io voglio mettere in sicurezza il Paese e se c’è da pagare per ristorare esercenti e imprendito­ri, paghiamo». Ancora più spinto sulla linea «chiudere tutto tranne scuole e imprese» è il ministro della Salute, Roberto Speranza. Ma l’idea di andare rapidament­e verso un «reset» non è passata, un po’ per l’opposizion­e tenace delle Regioni e un po’ per la convinzion­e di Conte che bisogna «tutelare la salute, ma anche l’economia». Il rischio adesso è scritto nei numeri dei malati ed è che il governo, per rincorrere il Covid-19, si veda costretto ad aggiustare in corsa la strategia, a colpi di dpcm. «Serviranno presto misure più dure — sospira esausto un ministro —. Conte ci vuole arrivare per step, in sintonia col Paese. E le Regioni si stanno preparando».

L’ultima battaglia

Su piscine e palestre l’ultimo scontro: divisa la maggioranz­a e lo stesso Cts

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