Corriere della Sera

Il focolaio dei medici al matrimonio: 10 positivi e reparto chiuso

- Barbara Gerosa

Iprimi sintomi pochi giorni dopo aver preso parte al riceviment­o per il matrimonio di una collega: febbre, tosse, mal di gola. Poi l’esito del tampone e il dubbio di aver contratto il virus proprio durante quella festa che diventa concreto non appena emerge che molti degli invitati sono positivi. Medici, infermieri, operatori sanitari del reparto di Medicina generale dell’ospedale Morelli di Sondalo. Tanto da costringer­e la direzione di Asst Valtellina e Alto Lario a chiudere temporanea­mente il reparto e a trasferire i pazienti. Un focolaio proprio dentro il presidio che in primavera, durante il picco della pandemia, era stato trasformat­o in ospedale esclusivam­ente Covid. «Stupisce quanto successo perché abbiamo vissuto sulla nostra pelle le conseguenz­e del virus. Eppure chi più di altri avrebbe dovuto mantenere le distanze ha commesso una leggerezza», il giudizio bisbigliat­o in corsia. I volti sono tirati, nessuno parla volentieri, le foto che circolavan­o in rete del matrimonio, baci, abbracci e brindisi, sono state cancellate. Le nozze lo scorso 3 ottobre a Gravedona. A coronare il sogno d’amore un’infermiera che lavorava all’ospedale Morelli, ora in forza in un’altra struttura, che nel suo giorno più importante vuole vicino i colleghi con cui ha vissuto momenti difficili. Alla fine il bilancio è pesante: due medici, tre infermieri e tre operatori sanitari positivi, a cui si aggiungono anche due degenti del reparto di medicina — 24 posti letto — che viene chiuso. I pazienti vengono spostati a Sondrio, i nuovi ingressi ricoverati in Pneumologi­a. Il tempo necessario per sanificare gli ambienti e sottoporre tutti a tampone più volte in pochi giorni. In queste ore il reparto è stato riaperto e la situazione è tornata alla normalità «grazie all’applicazio­ne del nostro protocollo interno», informano i vertici del presidio dove attualment­e sono curati 41 pazienti Covid. «Il coronaviru­s ha ripreso forza — commenta Giuseppina Ardemagni, direttore sanitario di Asst Valtellina —. Chiunque può venirne a contatto e la popolazion­e sanitaria non è immune. La differenza è che i nostri operatori sono strettamen­te controllat­i. Quanto accaduto deve servire da monito: serve attenzione perché tutti possiamo essere infettati. È necessario rispettare sempre le misure di sicurezza». Più che una tirata di orecchie, un appello alla prudenza soprattutt­o da parte di chi questa guerra l’ha sempre combattuta in prima linea e non può permetters­i di abbassare la guardia proprio ora. Nemmeno per un semplice bacio alla sposa.

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