Levigliani, il paese dove non esiste disoccupazione
C’è un posto in Italia dove la disoccupazione non esiste e tutti vivono bene. È Levigliani, in provincia di Lucca, da due secoli amministrato nell’interesse della comunità. In questo borgo autogestito di 350 abitanti da dove i giovani non scappano, vige una regola: chi lavora qui deve risiederci. C’è chi è occupato nelle cave di marmo, chi nel turismo (siamo sulle Alpi Apuane, ci sono due musei e sta per aprire il terzo), chi nel parco a tema. Due le cooperative locali: «Sviluppo e Futuro» si occupa di turismo e servizi, «Condomini» gestisce la cava. Al vertice del «Sistema Levigliani» c’è la Comunione dei Beni Comuni, una sorta di Consiglio comunale che gestisce il patrimonio tramandato dagli avi. La storia di questo paese è raccontata da Marco Gasperetti nel nuovo numero di «Buone Notizie» in edicola domani gratis come ogni martedì assieme al Corriere.
Qualche centinaio di chilometri più a Sud, in Sicilia, un paese noto per fatti di mafia cerca di riscattarsi. È Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento. La città si candida a diventare Capitale italiana della cultura 2022 per cominciare un percorso di rinascita puntando sui giovani. Il progetto guarda, infatti, al 2062 con un percorso condiviso e partecipato. A Lecce un prete coraggio lavora per l’inclusione: è don Gerardo Ippolito che ha trasformato il quartiere Stadio in palestra d’arte richiamando street artist di fama: oltre al muro della chiesa, i murales tappezzano i palazzi creando un museo a cielo aperto. E il quartiere simbolo di degrado è diventato un’attrazione.
Nella sezione contro corrente l’inchiesta è dedicata alle consegne etiche che sfidano il tradizionale modello di delivery. L’esperimento è in corso a Bologna, dove una piattaforma online offre un servizio più rispettoso dell’ambiente e dei lavoratori. Un esempio? I rider prendono 9 euro netti all’ora invece dei 5,5 euro lordi pagati dalle multinazionali straniere. Il male nostrum spiega che cosa (e quanti) sono i sussidi ambientalmente dannosi: nel 2018 quasi 20 miliardi di soldi pubblici sono andati a sgravi fiscali per le industrie inquinanti.