La spallata al Giro di Kelderman Nibali si difende ma perde terreno
Hart primo a Piancavallo, lo Squalo precipita a 3’29” da Almeida: «Non è finita»
Aggrappato con le unghie al treno di Konrad e Bilbao, abbandonato da tutti gli uomini Trek (è di ieri il ritiro di Brambilla, altro gregario prezioso), Vincenzo Nibali sale a Piancavallo con passo fané ma regolare: si è staccato dai migliori quando il gruppo si è sbriciolato, una volta raggiunta la fuga di Rohan Dennis; poteva andare peggio, 1’36” di ritardo da Tao Geoghegan Hart, inglese di Hackney e vincitore di giornata (quarto centro Ineos: «Ganna mi ha ispirato dicendomi: vai, ora tocca a te»), lo tiene in vita per il podio di questo Giro pandemico, che da domani sale in quota per ossigenarsi.
È un ciclismo strattonato dai ragazzi del ‘98 — lo sloveno Pogacar al Tour, il portoghese Almeida che con uno sforzo supremo tiene la maglia rosa sulle spalle —, in piena fase di ricambio (van der Poel re del Fiandre ha 25 anni, Van Aert maestro della Sanremo 26), è uno sport che ha fretta e non si ferma ad aspettare i totem conficcati nell’asfalto. Pozzovivo, 37 anni, è il primo a finire nel buco allargato a 8,8 km dal traguardo dall’azione di Kelderman, ben supportato da Hindley, mentre dietro è una corsa alla sopravvivenza, con la strada che sale con pendenze moderate, ma interminabili. Nibalino,
rimasto solissimo con i suoi 36 anni (il 14 novembre) dentro il tascapane, ha aperto la bocca per cercare aria come un pesce d’acquario, decimo di tappa attaccato a Fuglsang e Bilbao, ora settimo a 3’29” in una classifica generale intossicata dall’acido lattico di ieri: «È stata una frazione dura, nella quale non mi sono risparmiato. La Sunweb sull’ultima salita ha imposto un ritmo altissimo, per me e tanti altri big difficile da sostenere.
Mi sono difeso e ho limitato il ritardo, perché alla fine del Giro manca ancora una settimana. Kelderman ha confermato le impressioni che già avevo e Almeida ogni giorno che passa si conferma molto solido. Questa è le realtà dei fatti: va accettata ma anche affrontata con grinta e determinazione nella tappe che verranno». Si è salito fortissimo, è vero (30’52” contro i 32’ di Pinot nel 2017), coach Slongo fa capire che molto più di così Nibali non può andare: la speranza è che in quota, sullo Stelvio e sull’Agnello, rallentino gli altri, che però hanno dalla loro l’anagrafe (l’età media dei primi cinque è 26 anni). Almeida, ieri costretto agli straordinari ed eroico, sempre con la lingua fuori — e non è una metafora —, al tredicesimo giorno in rosa conserva un margine minimo (15”) su Kelderman, che non mostra crepe e ha la solida Sunweb a proteggerlo.
«Sono cresciuto nel mito di Chris Froome» dice il giovane portoghese, e la sensazione è che gli servirà proprio un’impresa alla Froome dei bei tempi, con le poche energie residue, per arrivare indenne alla crono di Milano. Crescono Hindley e Hart, stringe i denti Nibali. Al di là delle apparenze, è un Giro ancora maledettamente indeciso.