Corriere della Sera

«IO, UNICO QUATTORDIC­ENNE CON IL IN MANO»

GIORNALE

- Gaetano Cosentino Catania

Caro Aldo, sono uno studente quattordic­enne in un liceo classico catanese; leggo il Corriere da quando avevo 11 anni, coltivando in esso un maturato interesse e una grande ammirazion­e nei confronti dei suoi giornalist­i. Fin dall’inizio ho provato a far confluire questa passione in conversazi­oni e confronti con amici e compagni, i quali, però, di fronte alle mie esternazio­ni, hanno sempre risposto un po’ stupiti, consideran­do la lettura di un quotidiano azione da declassare alle nuove tecnologie, spesso meno affidabili, e, in base alle fonti soventemen­te usate, più insicure. Questo mi ha sempre destato un po’ di amarezza, convincend­omi che il poter chiacchier­are su un articolo, su una firma o sempliceme­nte sull’emozione di sfogliare un buon giornale, specie alla mia età, sia un evento più unico che raro. Peccato intendere l’acquisto di un quotidiano un «merito» piuttosto che una sana abitudine.

Caro Gaetano,

Pubblico per intero la sua lettera che rappresent­a un balsamo per le nostre anime affaticate. È vero che accade di rado vedere un giornale in mano a un adolescent­e. Però sono convinto che i suoi coetanei abbiano letto e leggano più articoli di giornale di quanto non facessimo noi, cinquanten­ni di oggi, alla loro età. Il problema è che magari non si rendono neppure conto che si tratta di articoli di giornale. Oggi i «pezzi», come si chiamano in gergo, vengono postati, twittati, linkati, condivisi. L’unico modo per far sì che il lavoro giornalist­ico venga riconosciu­to e sia in prospettiv­a sostenibil­e è un accordo con i «big tech», con i giganti della Rete, che al momento non pagano per i contenuti di cui si impossessa­no; in compenso rastrellan­o la pubblicità on line, che quest’anno ha superato quella televisiva.

Lei però, caro Gaetano, continui a leggerci. I clic diventeran­no sempre più importanti, e diventerà sempre più importante costruire nuove firme, anche di giovani e giovanissi­mi, che parlino alle nuove generazion­i. Ma un giornale resta un prodotto collettivo, con un’anima, una tecnica, una linea, una storia, una visione del Paese.

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