Sognando Texas Biden punta sul vento del Sud
Armi, pozzi e fede per 40 anni hanno garantito la supremazia ai conservatori. Ma virus e crisi stanno spostando gli equilibri
Tutto dipende dal vento del Sud. La sfida tra Trump e Biden si gioca in due Stati tradizionalmente conservatori: Texas e Arizona, che ora vengono collocati nella colonna dei toss up, i territori in bilico, insieme alle presenze classiche come Florida, Ohio e Pennsylvania.
Il vento del Sud-Ovest può far saltare il piano di rimonta messo a punto da Donald Trump. La mappa politica e sociale degli Stati Uniti sta cambiando radicalmente. Per decenni i repubblicani, la destra conservatrice, hanno non solo governato, ma esercitato una profonda egemonia culturale in Texas e Arizona. Ora il sito RealClearPolitics colloca questi due Stati nella colonna dei «toss up», i territori in bilico, insieme con le presenze classiche, come Florida, Ohio, Pennsylvania e altri. Dal campo arrivano altri segnali sorprendenti. Venerdì 30 ottobre Kamala Harris si è presentata a McAllen, la cittadina al confine con il Messico, salita alla ribalta nazionale nel 2018 per la vicenda dei bambini separati dai loro genitori, migranti irregolari. La vice di Joe Biden si è rivolta soprattutto ai latinos, spingendoli alla mobilitazione anti Trump. In quello stesso giorno il numero delle persone che avevano già votato superava i 9 milioni, scavalcando l’affluenza totale del 2016. I registri texani non rivelano l’affiliazione politica degli elettori. Però sappiamo che nel 2020 si sono iscritti 1,8 milioni di cittadini in più rispetto a quattro anni fa, portando il totale a 16,9 milioni. Anche in Texas sembra valere la regola che più è l’alta l’affluenza al voto, più è probabile che sia avvantaggiato il candidato democratico.
I repubblicani, però, ostentano sicurezza. Il senatore Ted Cruz avrebbe fatto sapere direttamente alla Casa Bianca: niente paura, finirà come con Beto nel 2018. Due anni fa nelle elezioni di midterm l’ex deputato di El Paso, Beto O’Rourke fu battuto per due punti e mezzo percentuali dallo stesso Cruz, che mantenne il seggio nel Congresso di Washington. I democratici, però, prevalsero in 13 distretti su 36. In particolare nella fascia al confine tra McAllen, Laredo ed El Paso; si affermarono nei suburb, i sobborghi abitati dal ceto medio intorno alle grandi città, come Dallas, Austin e Houston, l’area metropolitana con il ritmo di espansione più alto negli Stati Uniti. Questa onda continua a crescere, anche se non sappiamo se sarà sufficiente a ribaltare clamorosamente gli equilibri, portando il Texas e i suoi 38 delegati nel tabellone dei democratici. L’ultimo candidato progressista a conquistare lo Stato della Lone Star fu Carter nel 1976. Da allora dominio repubblicano assoluto, con distacchi consistenti. Perfino il Bill Clinton travolgente del 1992 fu battuto nettamente da Bush senior e Obama qui prese una scoppola sia nel 2008 (-11, 8%) che nel 2012 (-15,8%). Quattro anni fa Trump vinse comodamente con il 9% in più di Hillary Clinton.
E veniamo all’oggi. In questo momento la media dei sondaggi, realizzata sempre da RealClearPolitics, vede ancora in testa Trump, ma con un margine ristretto e traballante del 2,3%. È evidente che da queste parti si sta muovendo qualcosa di importante. Nel 2016 il Nord industriale e democratico voltò le spalle a Hillary. Nel 2020 il Sud repubblicano e conservatore, compresa la Georgia, potrebbe mettere in difficoltà Donald Trump.
Nel corso dell’ultimo dibattito televisivo il presidente ha avvisato Biden: «Texas vuol dire petrolio, gas, Dio e armi: quindi tu non hai chance». In realtà oggi Texas vuole dire anche altre cose. La maldestra gestione trumpiana della pandemia qui sta producendo conseguenze pesanti. I casi positivi sono ormai 900 mila (su 29 milioni di abitanti), i morti più di 18 mila. Il contagio sta aumentando a velocità allarmante, colpendo in modo particolare i latinos e mettendo sotto pressione gli ospedali, come quelli di El Paso. The Donald dice nei comizi: «C’è stata una punta della pandemia in Texas, ora è andata». I texani, però, si guardano intorno e vedono che non è così.
Non è una crisi congiunturale, a questo punto è in discussione l’intera struttura del sistema. L’economia dello Stato si regge su gas e petrolio, e qui il leader della Casa Bianca ha ragione. Il settore dà lavoro diretto a sole 250 mila persone, ma l’indotto si propaga su tutto lo Stato. Nei decenni la cultura industriale dei repubblicani ha facilitato lo sviluppo dei petrolieri, in una corsa infinita e anche un po’ selvaggia, come si può verificare visitando Midland, la capitale americana dello shale-gas. A fronte, tuttavia, di poche garanzie per la forza lavoro. In Texas solo il 5,2% dei dipendenti è iscritto ai sindacati e quindi può contare su una robusta copertura sanitaria. Da febbraio a maggio di quest’anno, 695 mila texani «garantiti» hanno perso l’impiego, trovandosi all’improv
Lo scrittore Rod Dreher
Con i suoi eccessi, i suoi atteggiamenti autoritari ha diviso anche noi cristiani conservatori
viso senza una protezione assicurativa, nel bel mezzo dell’epidemia. Tutte queste persone si sono aggiunte ai 4,9 milioni che già non avevano una polizza per le spese mediche. Stiamo parlando del 29% della popolazione, la percentuale più alta negli Stati Uniti.
Le cifre possono aiutare a capire perché si stiano erodendo le basi materiali del quarantennale regno repubblicano. Trump evoca anche «Dio», la dimensione spirituale. Stando al censimento del 2010, almeno il 56% dei texani dichiara di essere un fedele praticante. I trumpiani sono certi di fare il pieno tra le comunità evangeliche e cattoliche, specie dopo la nomina della giudice iper conservatrice Amy Coney Barrett alla Corte Suprema.
Ma dalla Louisiana, altro Stato del profondo Sud, lo scrittore Rod Dreher offre un’analisi di grande interesse. Dreher, 53 anni, è un esponente di punta dei cristiani conservatori. Ha appena scritto un libro entrato nella classifica dei best-seller del New
York Times: «Live not by Lies, a manual for Christian dissidents», edito da Sentinel. La tesi di fondo è che la sinistra radicale rappresenti una grave minaccia per il mondo religioso. Ma Trump sta perdendo consenso: «Penso che il 20% dei cristiani conservatori questa volta non voterà per lui. Con i suoi eccessi, i suoi atteggiamenti autoritari ha diviso anche noi».
C’è chi pensa che il fortino texano resisterà ancora, ma sembra solo questione di tempo. Basta vedere ciò che è già accaduto nel vicino New Mexico, ormai luce fissa nella costellazione democratica, e quello che sta per succedere in Arizona, dove Biden è in testa nei sondaggi. A Phoenix i dati dell’«early voting» indicano una prevalenza dei democratici, con una grande spinta da parte dei giovani e dei nuovi arrivati dalle città californiane. Il Sud sta cambiando e ora può trasformare l’America.