Se il «monarca» americano non riconosce la sconfitta
Donald Trump è un uomo politico capriccioso, vanitoso, convinto di potere ingannare o comprare chiunque attraversi la sua strada, ma destinato a scivolare, prima o dopo, sulla buccia di banana della sua immensa vanità. Quando rifiuta di ammettere la sua sconfitta e di riconoscere la vittoria di Joe Biden, Trump, tuttavia, colpisce le istituzioni degli Stati Uniti là dove sono maggiormente vulnerabili. La Repubblica americana ha caratteri alquanto diversi da quelli che sono propri delle repubbliche europee. È una repubblica monarchica in cui il re è un sovrano pro tempore. Il presidente/re ha una reggia, la Casa Bianca, che viene trasmessa da un successore all’altro. Nomina molti giudici. I suoi moschettieri sono i circa 4.000 dipendenti del Secret Service, un corpo semimilitare, nato nel 1865 per combattere la falsificazione del denaro, ma usato oggi per proteggere l’incolumità del presidente e, da qualche tempo, anche quella dei candidati alla presidenza. E quando il Parlamento è inceppato, il presidente, come i re del passato, può governare per decreti.
Queste tracce di monarchia non sono sorprendenti. I padri fondatori erano tutti, alla nascita, sudditi di Sua Maestà il re delle Isole britanniche e volevano l’indipendenza, ma ammiravano la monarchia e le sue istituzioni. A questo monarca repubblicano che occupa da allora la Casa Bianca mancava tuttavia qualcosa che la maggioranza del voto popolare non poteva, da sola, garantire: una solenne consacrazione. Da molti anni ormai questa cerimonia viene celebrata nel momento in cui il candidato sconfitto ammette pubblicamente di avere perso la partita, ed è, per molti aspetti, la versione laica di una incoronazione. Soltanto da quel momento la macchina della trasmissione dei poteri si mette in moto e permette al nuovo presidente di cominciare a esercitarli.
Molto, quindi, dipende oggi dalla strategia di Trump. Vuole attendere altri conteggi, nella speranza che nuovi numeri giustifichino qualche ritorno alle urne? O accetterà di rinunciare a questo sabotaggio se otterrà un provvedimento che lo sbarazzi dalle azioni penali intentate contro la sua persona durante i quattro anni della presidenza (come accadde nel caso di Nixon)? Vi sarà nel corso di queste battaglie giudiziarie un passaggio alla Corte Suprema, dove Trump spera di contare sui giudici che ha nominato nel corso del mandato? Quali che siano le sue scelte, gli Stati Uniti corrono il rischio di essere nei prossimi anni il Paese più litigioso del mondo.
Gli Stati Uniti sono dalla fondazione una repubblica monarchica in cui il re è un sovrano pro tempore