Molino Grassi, export e tech contro la crisi
Il suo punto di forza è sempre stato l’impiego mirato della tecnologia in tutte le fasi aziendali. E ha continuato a farlo anche in tempi di coronavirus, utilizzando i mesi del primo lockdown del Paese (ma non dell’industria alimentare) per proseguire negli investimenti tecnologici, automatizzando completamente il magazzino. Per questo al Molino Grassi di Parma sono pronti ad affrontare questo nuovo momento di difficoltà sanitaria ed economica. «L’automatizzazione del magazzino — spiega l’amministratore delegato Silvio Grassi, terza generazione alla guida del Molino con il fratello Massimo e il cugino Andrea — era stata progettata tre anni fa ed è entrata a pieno regime nel 2020. Questo ci ha permesso di gestire meglio l’emergenza Covid, quando abbiamo lavorato 24 ore al giorno per due mesi. Quando bisogna programmare giorno dopo giorno, come anche in questa fase, il magazzino aiuta». Come aiuta fare le scelte giuste al momento giusto. «L’azienda è nata nel 1934, con mio nonno — spiega l’amministratore delegato — e trasformiamo un’unica materia prima, il grano, in farine e semole per la produzione di pasta e prodotti da forno. La prima svolta risale agli anni 90 con il biologico e il “baby food”. Oggi trasformiamo 130 mila tonnellate all’anno e circa due terzi per prodotti speciali, bio e baby food». L’azienda — 72 milioni di fatturato — esporta il 30% della produzione ed è presente in 30 Paesi, tra cui gli Usa. «La pandemia, se da un lato ha fatto crescere la domanda di prodotti a uso domestico, con il volume retail passato dal 6% del 2019, al 10%, dall’altro — spiega Grassi — ha determinato momenti di criticità nelle esportazioni. Ma poi la situazione si è normalizzata». E ora Grassi pensa già a nuovi investimenti: «Per il 2021 è prevista la riorganizzazione del confezionamento, in scia al magazzino automatizzato».