Corriere della Sera

Vasco Rossi confessa: «Sono un sopravviss­uto»

Vasco: «Ho sconfitto droga, depression­e, malattie Per 3 o 4 volte sono finito in coma. C’è speranza»

- Di Andrea Laffranchi a pagina

Lettera a «Vanity Fair» per un numero speciale diretto da Cremonini

Del resto lo cantava già nel 1993. «Vivere o sopravvive­re». Il Vasco pensiero esce da quella canzone icona e diventa una lettera: «Se non sono un sopravviss­uto io... io sono un… Super Vissuto!».

A stimolare la penna del rocker è stata una richiesta di Cesare Cremonini. Come direttore artistico del numero di Vanity Fair in edicola oggi il cantautore bolognese ha invitato il rocker a riflettere su un presente difficile causa pandemia. Tragico per la musica live con i concerti fermi e i lavoratori che devono andare a fare le consegne per Amazon per portare a casa lo stipendio, ma complicato per chiunque. «Una piccola lettera sulla sopravvive­nza», è la richiesta.

Niente live, niente stadi, niente fan sotto il palco. «Nessun sistema sanitario può reggere a lungo in una emergenza del genere... E noi? Dovremo ancora stare chiusi in casa... E... Per noi che abbiamo bisogno di urlare, di cantare, di “assembrarc­i”… è ancora molto lontana la possibilit­à di fare concerti... Ma sopravvive­remo anche a questo». La certezza del rocker è la certezza dell’esperienza di un «sopravviss­uto» o, appunto, un «Super Vissuto». Un supereroe del quotidiano. Il Kom ne ha passate tante, ma veramente tante, e prova a fare un elenco in parallelo a quello dei suoi successi. Scorre l’album fotografic­o della sua vita. Si parte da un ragazzo sull’appennino emiliano. «Sono sopravviss­uto alla “noia”. Vivendo a Zocca sapevo che da lì bisognava partire perché se sei in pensione ci stai benissimo, ma a 20 anni non c’è niente da fare». E allora ecco che passa il «treno» di Punto Radio che «fondai con il mio gruppo di amici storici». Lo sguardo si apre alla scena nazionale. «Sono sosi pravvissut­o agli anni 70. Quando c’erano gli anni di piombo, le Brigate rosse, Lotta Continua e Potere Operaio». Lui si era chiamato fuori dagli schieramen­ti ideologici, sentiva un «indiano metropolit­ano» un «anarchico» vicino a Pannella cui sembravano «matti quelli che si chiamavano “potere operaio” ed erano studenti, come gli altri che si chiamavano “lotta continua”, e poi al pomeriggio tornavano a casa, dai genitori... perché erano studenti… E la loro lotta continua finiva lì». Strappa un sorriso quando racconta della storia con una femminista in stile «sincerità e dialogo nella coppia innanzitut­to» che però «alla mia prima confession­e di tradimento, mi ha mollato». C’è sempre un velo di ironia nelle sue parole. Rende meno pesante quello che, come la vita, lo è per definizion­e.

L’elenco prosegue con gli anni 80 «quelli più stupidi del secolo, ma anche i più belli e divertenti», quelli del sogno poi realizzato «del rock in italiano» con gli Stones come modello («io ero Jagger, ovviamente») e canzoni che erano «sberleffi e provocazio­ni contro i perbenisti, i moralisti, i furbetti». Il privato picchia duro: «Sono sopravviss­uto alla droga e agli eccessi di quegli anni. Ne ho combinate di cazzate, ma le ho anche pagate tutte».

Il periodo successivo non è una passeggiat­a. La carriera lo solleva in vetta alla musica italiana, nella vita ecco la famiglia, «la scelta più trasgressi­va» per un rocker. Lui e «la» laura hanno «amato il “progetto famiglia”, qualcosa di solido che si costruisce insieme, che va oltre alla passione e si trasforma via via in affetto, amore». Degli anni Zero Vasco ricorda la «depression­e» seguita agli amici che «hanno cominciato a morire intorno, Lolli, Massimo, Marietto…». E passato quello non c’è tregua. Se da un lato «Eh... Già» viene incoronata canzone «più significat­iva e rappresent­ativa di inizio secolo» (proprio da un sondaggio di Corriere) dall’altro il decennio gli mette di fronte «tre malattie mortali, nel 2011, quando sono andato in coma per 3 o 4 volte».

Ed eccolo Vasco, con tutte queste ferite, davanti alla pandemia, questo «Covid del cazzo» con la certezza che anche questo se lo metterà alle spalle a meno che non «morirò di noia per il lockdown». Eh no, non è il pessimismo che prende il sopravvent­o. «Ho una nuova canzone che esce il 1° gennaio 2021 e... sarà una canzone d’amore».

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 ??  ?? 800 concerti Vasco Rossi, è nato a Zocca il 7 febbraio 1952. Nella sua carriera si è esibito in circa 800 concerti e detiene il record mondiale di spettatori paganti in un singolo concerto (225.173 al Modena Park 2017)
800 concerti Vasco Rossi, è nato a Zocca il 7 febbraio 1952. Nella sua carriera si è esibito in circa 800 concerti e detiene il record mondiale di spettatori paganti in un singolo concerto (225.173 al Modena Park 2017)

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