L’onda lunga (pericolosa)
Pesano gli effetti dell’«uno vale uno». Serve una campagna seria
Tra Putin e la Pfizer. Quella col Covid-19 è anche battaglia di parole, spaventi, emozioni. Il fronte no-vax ha iniziato la sua ascesa dal 10-11 agosto, «quando il leader russo ha detto che aveva pronto il vaccino e aveva già vaccinato anche la figlia», spiega la sondaggista Alessandra Ghisleri. Coincidenze? Chissà.
Molti italiani, magari non del tutto a torto, hanno cominciato ad arretrare davanti all’oscuro «Sputnik V» dell’autocrate sospettato di avvelenare gli oppositori, nell’eventualità (remota) che alla fine il primo vaccino a disposizione fosse proprio il suo. Così, il 16 ottobre, Euromedia Research aveva rilevato un 36% di contrari all’idea di immunizzarsi (era il 23%), un 30% di favorevoli e un 29% che dichiarava di «voler capire prima l’origine del prodotto». Un mese dopo, pesa invece l’annuncio della Big Pharma americana su un vaccino più rassicurante. Scende così di 3 punti (al 33%) la quota dei contrari alla vaccinazione e sale di 3 (al 32%) quella di chi vuole prima saperne di più. Il sì senza vincoli si attesta però in discesa, attorno al 26%, il 9% non sa rispondere.
Le fibrillazioni sono sensibili, come si vede anche dal sondaggio Ipsos che pubblichiamo a parte (solo il 37% dichiara che si vaccinerà «appena possibile»). E tuttavia il trend, in linea con quelli rilevati in sondaggi diversi tra agosto e ottobre, rivela un paradosso nazionale: di fronte all’attesa messianica di un vaccino, almeno un italiano su tre medita di non vaccinarsi affatto, mettendo a rischio un futuro effetto gregge. Alla gran confusione sotto il cielo s’aggiunge la coda avvelenata del populismo sanitario con il suo scetticismo «culturale» (le virgolette qui sono d’obbligo) verso la medicina. Nemmeno la fuga in avanti del premier Conte (avventuratosi settimane fa ad annunciare «le prime dosi a dicembre» e smentito da gran parte della comunità scientifica) ha aiutato. «Non è stata una buona comunicazione», spiega la Ghisleri: «S’è sommata alla sensazione che troppi giochi siano in mano a un X numero di aziende, con duecento tipi di prove e test...».
La babele sembra una punizione biblica più feroce del morbo in sé. Secondo una ricerca di EngageMinds Hub della Cattolica di Milano, svolta tra agosto e ottobre su un campione di mille intervistati, l’11% si dichiarava assolutamente contrario al vaccino, il 9% lo riteneva «poco probabile», il 28% era dubbioso. Insomma, il 48% degli italiani sarebbe esitante o peggio. Questo primo dato, già grave, ci colloca in una posizione anomala se raffrontato a quello di un altro sondaggio, fatto da Ipsos per il World Economic Forum su 20 mila cittadini di 27 Paesi: nella media mondiale lo zoccolo di chi non si fida dei vaccini scende al 26% (i più convinti sono i cinesi, i meno persuasi i russi) e tuttavia, dichiarava a settembre Arnaud Bernaert, capo di «Shaping the Future of Health and Healthcare» del Forum, la percentuale è «abbastanza significativa da compromettere l’efficacia dell’arma anti Covid». È così? Da noi le cose sono precipitate rispetto a maggio (al principio della Fase 2). Allora l’équipe della Cattolica aveva già posto la questione agli italiani e solo il 40,5% era indeciso o contrario alla vaccinazione. Molto preoccupante, dunque, il 7,5% in più segnato negli ultimi mesi perché, come ha spiegato all’Agi Guendalina Graffigna, direttore dell’EngageMinds Hub, «la percentuale di immunizzazione necessaria a rallentare l’epidemia è stimata attorno al 70%». Gli scettici si concentrano più al Centro-Sud e tra gli under 35, ma la tendenza è generale. Persino più netto (e allarmante) è il dato estrapolato da Matteo Villa dell’istituto Ispi rielaborando il sondaggio Ipsos. Secondo la ricerca per il World Economic Forum, il 34% degli italiani dichiarava che non avrebbe fatto il vaccino (con un 17% di fortemente contrari e un 17% di abbastanza contrari). Dentro questo 34%, il 56% era «preoccupato per gli effetti collaterali», il 28% credeva il vaccino «non efficace», ma ben il 30% si diceva «contrario ai vaccini in generale». Villa traduce: «Non ci si fida della scienza perché comunque la si ritiene collusa col potere che vuole venderci un vaccino fallace o rovinarci tutti». Spiegazioni abbastanza simili a quelle con cui Guendalina Graffigna illustrava il picco del 48% di «esitanti» registrato dalla Cattolica: «Probabilmente è legato anche alle teorie complottiste che vanno a minare la fiducia: un italiano su tre è abbastanza convinto che i vaccini siano una manovra di arricchimento delle case farmaceutiche, mentre il 23% pensa che siano una mossa politica e il 35% teme che vaccinarsi possa avere effetti collaterali gravi». Ancora una volta, i numeri valgono più delle parole. Il 30% di «novax» duri e puri, calcolato sul 34% che non farebbe il vaccino, equivale al 10% del totale (un dato assai prossimo all’11% rilevato dalla Cattolica a ottobre) e che Ghisleri conferma a sua volta con «un 10% contrari a prescindere da tutti i vaccini». Nel 2016, un’indagine condotta dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ccm), con 3130 questionari distribuiti a genitori di bambini di 16-36 mesi di età, portò alla luce un 15% di «esitanti» ma appena uno 0,7 di veri anti-vaccinisti, contrari per principio.
Come si spiega un balzo di quasi 10 punti in quattro anni? È sempre improprio confrontare risultati tratti da campioni diversi su presupposti dissimili. Tuttavia, quella è stata la stagione dell’egemonia grillina e della caduta verticale della fiducia nella scienza (uno vale uno...) ed ha avuto come punto di partenza la strabiliante sentenza con la quale il tribunale di Rimini, basandosi su un vecchio articolo della rivista Lancet poi ritrattato da un autore screditato e radiato, stabiliva nel 2012 che il vaccino contro il morbillo poteva portare all’autismo. Il grillismo d’assalto ha poi perso mordente e voti. Ma un tour nei siti antivaccinisti (dal Veneto Corvelva al Movimento 3V fino alle teorie di Stefano Montanari...) mostra però come il Covid non abbia affatto spento quell’eco: post che muovono migliaia di seguaci accusano Bill Gates di un «complotto mondiale» e i test sui vaccini di «approfittare della credulità popolare». Il vero rimedio a tanti errori di comunicazione e ai deliri pseudoscientifici sarebbe, dunque, una formidabile campagna informativa, seria e documentata, con cui precedere la campagna vaccinale. Ma, nell’attuale clima di disunità nazionale, occorrerebbe un vaccino politico che stronchi il virus più pericoloso per l’Italia: l’interesse di fazione.
«Non ci si fida più della scienza perché la si ritiene collusa con il potere»