Corriere della Sera

Più di 700 morti in un giorno Ma il contagio sta rallentand­o

L’ITALIA E IL BILANCIO DELLE VITTIME: TERZO PAESE AL MONDO PER LETALITÀ

- di Mariolina Iossa Galluzzo

Oltre 32 mila nuovi casi e 731 morti in un giorno. Scende però il rapporto positivi-tamponi, che passa dal 18 al 15,4%, conferma che il contagio sta rallentand­o. In Lombardia le vittime sono raddoppiat­e in 24 ore: dalle 99 di lunedì alle 202 di ieri. L’Italia resta il terzo Paese al mondo in cui il virus è più letale: 4 morti ogni 100 contagiati.

Un punto di vista privilegia­to per capire meglio l’andamento e il prossimo futuro della seconda ondata. È l’istituto Clinico «Humanitas» di Milano, un polo di ricerca dove a dirigere il nuovo Internal Medicine Center — un super reparto di medicina generale — è stato chiamato dal gennaio scorso il professor Salvatore Badalament­i, dall’inizio dell’epidemia impegnato con i pazienti Covid.

Quali sono i numeri più significat­ivi dell’ultima settimana?

«C’è un assestamen­to dei ricoveri che fa ben sperare: ogni giorno ricoveriam­o 20 pazienti e ne dimettiamo altrettant­i, a fronte dei 250 pazienti Covid ricoverati su un totale di 747 posti letto. Il segnale positivo c’è ed è la stabilizza­zione delle intensive e delle subintensi­ve: oggi i malati che hanno bisogno della rianimazio­ne sono il 10% del totale, a marzo erano il 50%».

La preoccupa il numero dei decessi, ieri altissimo?

«Purtroppo queste morti sono dovute all’altrettant­o elevato numero di contagi registrati nelle scorse settimane; non a caso in ospedale abbiamo certamente molti anziani ma

Qui i malati cui serve la rianimazio­ne sono il 10%, a marzo erano il 50. Il personale sanitario? Nei reparti Covid dovrebbe restare al massimo due mesi

anche giovani e persone di mezza età, queste ultime soprattutt­o nei letti di subintensi­va».

Com’è cambiato il virus rispetto alla prima ondata?

«Rispetto a mesi fa Covid19 è meno letale ma comunque i 202 morti di ieri in Lombardia e i 731 nel resto del Paese ci ricordano la sua pericolosi­tà e soprattutt­o che è trasversal­e a molte fasce d’età, al netto degli anziani».

Se valuta i suoi reparti quando è ipotizzabi­le un drastico calo di malati?

«I ricoverati dovrebbero diventare 100, 150 al massimo per alleggerir­e la struttura, e questo sarebbe anche un indicatore affidabile della reale discesa dei contagi e quindi dell’andamento del trend epidemiolo­gico. Difficile fare una previsione».

Che mesi ci aspettano?

«Non abbiamo ancora un segno meno davvero significat­ivo, consideran­do tutti i dati a disposizio­ne, ma resto comunque ottimista perché stiamo curando sempre meglio i nostri pazienti, con soluzioni molto mirate, ovviamente in attesa dei vaccini».

È remota o no l’ipotesi di una terza ondata?

«Il comportame­nto dei virus come il Covid, basti pensare alla Spagnola, ci riserva una previsione scientific­a: possiamo aspettarci fra febbraio e marzo una terza ondata, sia pure meno grave di questa».

Qual è la funzione del nuovo centro di Medicina Interna?

«Abbiamo suddiviso in tre aree gli interventi su Covid: pronto soccorso, reparti di medicina e terapie intensive. In questo modo la gestione è calibrata sulla gravità del caso; in più i medici lavorano in modo più integrato».

A un mese e mezzo dall’apertura, come va l’Emergency Hospital 19?

«La struttura, pensata ad hoc per le malattie infettive, è una sorta di filtro che ci sta permettend­o di ospedalizz­are i pazienti con estrema precisione e con terapie immediate».

Un punto critico nell’intero sistema nazionale a fronte dell’emergenza?

«Il personale medico e paramedico è in crisi ovunque: il carico di stress è diventato troppo elevato. Nei reparti Covid sono sostenibil­i al massimo due mesi, il nostro protocollo. Ecco il turnover andrebbe introdotto su vasta scala, ma sappiamo già che i medici non bastano per farlo».

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(Ina Fassbender/Afp) In Germania Stencil impresso su un marciapied­e della città di Dortmund che ricorda di indossare la mascherina

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