«Non decide l’algoritmo Le scelte siano politiche, il governo le prenda con noi»
Fedriga: misure locali ad hoc. No alle fasce colorate
Presidente Fedriga, perché le Regioni vogliono ridurre gli indicatori da 21 a 5?
«Chiediamo una semplificazione — risponde il governatore del Friuli-Venezia Giulia — anche per permetterci di monitorare autonomamente i dati. Vorremmo pochi parametri realmente indicativi».
Gli indicatori non erano stati concordati con voi?
«È vero, ma dovevano servire a fornire indicazioni sull’andamento del virus, non per farne discendere dei provvedimenti automatici. Per noi è sbagliato che per uno “zero virgola” in più si adottino misure che incidono sulla vita delle persone».
Insomma, chiedete di rivedere il processo decisionale.
«Sarebbe utile anche un confronto tra le strutture tecniche per approfondire e chiarire zone oscure. Ma il punto vero è un altro».
Quale?
«La decisione su quali provvedimenti applicare deve essere politica. Non va lasciata la parola finale ad un algoritmo. Governo e Regioni si devono confrontare e decidere di comune accordo».
Ma così si entra nel campo della discrezionalità. Il dato scientifico non si presta a valutazioni di parte.
«Tutto è discrezionale. Anche la scelta dei parametri lo è. Non siamo di fronte ad una formula matematica assoluta. E allora, se discrezionalità ci deve essere, che venga lasciata a chi ha l’onere di guidare il
Paese o una Regione. È una assunzione di responsabilità molto chiara».
Voi presidenti siete finiti nel mirino con l’accusa opposta, cioè di scaricare sul governo ogni scelta scomoda.
«A marzo decisi di chiudere tutto prima che arrivasse a farlo il governo. Ma anche nei giorni scorsi, con i colleghi di Emilia-Romagna e Veneto avevamo adottato ordinanze più restrittive d’intesa con il ministro Speranza. C’è sempre stata la disponibilità a farci carico delle decisioni, a patto di essere coinvolti».
Non negherà che qualcuno possa avere il desiderio di marcare le differenze.
«No, non cerchiamo visibilità. Vogliamo trovare soluzioni che tengano in equilibrio le ragioni dell’economia con quelle della salute».
Non vi convince la suddivisione in zone colorate?
«Per nulla. Io sono per provvedimenti più specifici. Oggi, per esempio, in una zona rossa sono ricomprese varie misure: dal divieto di circolazione alla chiusura delle scuole. Sono provvedimenti troppo ampi che per essere efficaci andrebbero invece calibrati per categorie. In una zona una misura va bene, in altre non è necessaria (cambia la densità della popolazione per esempio)».
E cosa dice di una suddivisione per province?
«Sono contrario».
Ci sono presidenti che ai primi dati positivi sono già pronti a chiedere misure meno restrittive. Ma il pericolo non è già scampato.
«Vero, ma ribadisco che noi ci muoviamo lungo un crinale che cerca di tenere conto della sicurezza e della necessità di tutelare l’economia. Non è che vogliamo riaprire per andare a fare l’aperitivo. Così come dobbiamo essere pronti a chiudere, altrettanto dobbiamo allentare la morsa appena ce ne sono le condizioni. Per questo il ruolo delle Regioni è fondamentale».
Il presidente della Repubblica invita a mettere fine alle polemiche tra istituzioni.
«È un appello da accogliere e seguire. È nello spirito con cui si sono mosse le Regioni».
Si fa il suo nome come presidente della Conferenza delle Regioni. È pronto?
«Quando si presenterà il momento faremo le valutazioni del caso. L’importante è che la Conferenza continui a lavorare unita come ha fatto finora».