Corriere della Sera

Il rettore e il no della moglie: «Al premier ho chiesto tempo c’è stata una fuga di notizie»

- di Gianna Fregonara

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ettore, ma è vero che ha messo in mezzo sua moglie? Che ha detto al presidente del Consiglio Conte che la signora Ida non vuole trasferirs­i in Calabria e per questo lei non farà il commissari­o alla Sanità?

«Ho spiegato al presidente che non potevo accettare per motivi personali e familiari».

Eugenio Gaudio, calabrese di Cosenza come la moglie Ida Cavalcanti, sarà fino alla settimana prossima rettore della Sapienza che lascerà alla neoeletta Antonella Polimeni. Ieri ha passato il pomeriggio nell’ultimo consiglio di amministra­zione dell’ateneo che ha guidato per sei anni e nel quale resterà come professore per altri sei. Intanto nella politica e sui social ci si interrogav­a sul veto casalingo che — secondo quanto ha raccontato lui stesso — avrebbe ricevuto nella serata di lunedì. «Non dico altro, non è colpa di nessuno. Sono questioni che riguardano l’intimità di una famiglia: io mi sarei trasferito a Catanzaro per lavorare 14 ore al giorno come sono abituato, avrei preso l’impegno sul serio».

Ma quando ha parlato del «no» di sua moglie — poche ore dopo la nomina — c’è chi ha pensato ad una scusa...

«Sgombro subito il campo. Non ho detto di “no” per via della questione di Catania (dove risultava indagato per un concorso universita­rio, ndr) perché nel pomeriggio il mio avvocato mi ha comunicato che il procurator­e ha depositato la richiesta di archiviazi­one nei miei confronti. Dai tabulati risultava del resto la mia estraneità alla vicenda».

Però già dalla sera di lunedì sono cominciate le insinuazio­ni su di lei, un assaggio di quel che l’aspettava: attacchi, illazioni. E intanto sua moglie è diventata oggetto di curiosità: della signora Gaudio si è detto persino che è una tifosa sfegatata del Cosenza.

«Ma non è vero niente, sono verità romanzate: non seguiamo il calcio. Comunque ogni famiglia ha le sue dinamiche».

Resta il fatto che in questa vicenda il governo non ci ha fatto una bella figura: terze dimissioni in una settimana.

«Io ho parlato lunedì mattina con il presidente Conte e il ministro Speranza: mi hanno trasmesso la loro stima per come ho guidato la Sapienza, mi hanno detto che tra l’altro era importante il mio essere calabrese per un incarico come quello di commissari­o ad acta per la Sanità».

E poi?

«Ho chiesto tempo per rifletterc­i. Sono stato tutta la giornata in ateneo e la sera quando sono tornato a casa ne abbiamo parlato. E abbiamo deciso di no».

Lunedì sono stato tutta la giornata in ateneo e la sera quando sono tornato a casa ne abbiamo parlato. E abbiamo deciso di no

Mi sarei applicato in modo analitico, con me ci sarebbero stati dei consulenti Gino Strada? Non lo conosco, né l’ho mai incontrato

E nel frattempo il Consiglio dei ministri aveva deliberato.

«Sono fughe di notizie».

No, comunicazi­oni del governo. C’è stata una incomprens­ione tra lei e Conte?

«Ho chiesto il tempo di valutare».

Lei lo conosceva già il presidente del Consiglio? Non è professore alla Sapienza?

«No, avrebbe dovuto partecipar­e ad un concorso per una cattedra di diritto, ma all’ultimo si ritirò e comunque io non mi occupo dei concorsi, se ne occupano i commissari. Ci eravamo già parlati, perché io sono consulente del ministro dell’Università Gaetano Manfredi per le questioni di sanità universita­ria».

La spaventava il compito? Con quel debito, l’organizzaz­ione da rifare da capo... È vero che lei ha «governato» la Sapienza, ma non c’è paragone.

«Mi sarei applicato in modo analitico, con me ci sarebbero stati dei consulenti».

Avrebbe lavorato con Gino Strada?

«Non lo conosco, non l’ho mai incontrato».

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