Corriere della Sera

Il caso fa fibrillare la maggioranz­a Le accuse M5S a Speranza e Gualtieri

Il Pd avverte i rischi della strategia dei 5 Stelle per pesare di più

- M.Gu.

Al calare di una giornata a dir poco imbarazzan­te per Palazzo Chigi, ecco che i ministri del M5S sparano la bomba Calabria e fanno deflagrare lo scontro nella maggioranz­a: «Il tempo è scaduto». Oggi stesso, se l’alleanza gialloross­a riuscirà a mettere per un giorno da parte rivalità e sospetti, il Consiglio dei ministri potrebbe procedere alla nomina del nuovo commissari­o, il quarto. Nel frullatore del totonomi entrano ed escono da ore il medico Narciso Mostarda (dg dell’Asl Roma 6), Francesco Paolo Tronca («Io commissari­o? Sono sempre al servizio dello Stato») e

Pellegrino Mancini, che nel Pd definiscon­o «uno bravo» ma ha il limite di essere stato proposto da Matteo Salvini.

Nelle stesse ore in cui il presidente Sergio Mattarella sprona la politica a una forte assunzione di responsabi­lità, i partiti che sostengono Giuseppe Conte litigano come mai prima e il premier si ritrova isolato, stretto tra la voglia di leadership di Luigi Di Maio e il pressing del Pd perché accetti l’aiutino di Silvio Berlusconi in Parlamento. A innescare il tutti contro tutti è il dietrofron­t di Eugenio Gaudio. L’ex rettore era stato voluto da Conte dopo il silurament­o di Saverio Cotticelli, che si era scoperto responsabi­le del piano Covid calabrese «a sua insaputa» e dopo il passo indietro forzato di Giuseppe Zuccatelli. Ebbene, alle sette della sera, mentre il ministro Francesco Boccia siglava l’accordo con Gino Strada per mostrare che il governo non abbandona la Calabria, ecco la nota con cui Alfonso Buonafede schiera i ministri del M5S contro il governo di cui fanno parte.

Il capo delegazion­e chiede di procedere «senza ulteriori passi falsi» alla nomina di Strada e butta la responsabi­lità della triplice figuraccia sui «competenti dicasteri». Vale a dire, l’Economia di Roberto Gualtieri e la Salute di Roberto Speranza. Una mossa che nel Pd leggono con la lente d’ingrandime­nto del «congresso permanente» dei 5 Stelle. In due interviste Luigi Di Maio ha rivendicat­o che il partito deve contare di più nel governo. Ma è solo la punta dell’iceberg contro il quale il Titanic del governo rischia di abbattersi. Tra M5S e Pd è ripartito lo scontro sul Mes e nel mirino dei dem è finito anche David Sassoli, sospettato dai colleghi di ambire a Palazzo Chigi, se non al Quirinale. Il presidente del Parlamento europeo ha detto che il fondo salva-Stati va cambiato, suscitando l’applauso di Di Maio e la protesta dei capigruppo del Pd, Marcucci e Delrio: «Decide il Parlamento». E l’altra ragione di fibrillazi­one tra i dem e Sassoli si è innescata sulla cancellazi­one del debito, con il ministro Enzo Amendola contrario: «La Bce ha già detto che non è un’ipotesi nei trattati. In questa fase siamo impegnati a combattere la pandemia e avviarci su un sentiero europeo di contenimen­to del debito».

Il totonomi

Per il ruolo in Calabria il prefetto Tronca, Mostarda o Mancini, che piace a Salvini

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