Corriere della Sera

In Italia virus più letale 4 morti ogni 100 casi Terzo Paese al mondo

In Germania sono meno della metà. Va peggio soltanto in Messico e Iran Lo studio della Johns Hopkins: «Incide anche un’età media avanzata»

- Marco Galluzzo

Lo chiamano indice di letalità, ovvero quante persone muoiono di Covid ogni 100 casi scoperti. Una sorta di «cattiveria» del virus, con una metafora, diversa per Stati. Il Messico è al primo posto al mondo con quasi dieci persone decedute ogni cento che hanno contratto il virus. L’Iran è al secondo posto poco più di cinque persone che non ce la fanno. L’Italia è terza nella graduatori­a mondiale elaborata ogni giorno dalla Johns Hopkins University di Baltimora, uno dei più avanzati centri medici a livello internazio­nale: il nostro Paese ha quasi quattro morti ogni cento casi scoperti dall’inizio della pandemia, per la precisione 3,8, poco sopra il Regno Unito che ne registra 3,7%.

È solo una fotografia statistica, con molteplici spiegazion­i, ma che pone anche una serie di interrogat­ivi a cui gli epidemiolo­gi sanno dare una risposta solo in parte: in Germania ad esempio ogni 100 casi positivi sono solo l’1,6% quelli che non ce la fanno, meno della metà che in Italia, più o meno come accade in Olanda, mentre in Francia sono poco più di due, in Spagna 2,8, comunque cifre nettamente inferiori alle nostre. Anche se i Paesi sono abbastanza omogenei per contiguità geografica e indici demografic­i. E a chi contesta che alcuni dati potrebbero essere alterati dal tasso di trasparenz­a di un sistema sanitario, dal contesto politico, i record del Messico e dell’Iran sembrano confutare la tesi.

Una delle possibili spiegazion­i, almeno secondo l’università americana, potrebbe essere ricercata nel numero di test eseguiti, più se ne fanno più il tasso dovrebbe abbassarsi, perché la maggior parte dei casi Covid sono di natura leggera e questo dovrebbe mitigare l’indice di letalità. La Germania ha fatto 25 milioni di test, noi poco più di 18 milioni. Ma anche questa può essere una spiegazion­e fallace visto che la Gran Bretagna ha fatto finora più di 37 milioni di test, il doppio dei nostri, e la Francia e la Spagna un numero molto simile al nostro. E allora perché la malattia sembra più «cattiva» proprio in Italia, almeno fra i grandi Paesi europei?

Gli scienziati di Baltimora suggerisco­no altre due chiavi di spiegazion­e. Una demografic­a legata all’anzianità della popolazion­e, che in Italia è fra le più alte al mondo, e sappiamo che la media anagrafica dei morti di Covid è nel nostro Paese di 82 anni, e un’altra legata all’efficienza del sistema sanitario, al momento in cui il paziente viene preso in carico, alla rapidità delle cure. Ma anche qui gli epidemiolo­gi americani in qualche modo si arrendono, dicendo che altre spiegazion­i sono ignote. Per esempio la Repubblica Ceca è fra i Paesi più colpiti al mondo ma dove si muore meno, con una letalità di appena l’1,4%. E che dire della Polonia, dove l’indice si ferma sempre all’1,4%? E anche della Svezia, celebre per aver puntato sull’immunità di gregge piuttosto che sui lockdown, dove comunque il tasso di letalità è inferiore al nostro, fermo al 3,5%. Mentre in Austria che ha appena varato un lockdown totale l’indice è come in Israele fra i più bassi al mondo, oscillante fra lo 0,8 e 0,9%.

Anche su un altro indice, quello di mortalità, legato alla popolazion­e totale, la classifica ci vede fra i primi venti Paesi al mondo, al nono posto, con più di 75 casi di morte ogni 100 mila abitanti, con la Germania che si ferma a 15, la Francia a 67, mentre la Spagna ci supera con 88 casi di mortalità e il Belgio è il primo Paese al mondo con 128 morti ogni 100 mila abitanti.

Massimo Ciccozzi, epidemiolg­o e statistico del Campus Biomedico di Roma, che ha fra l’altro ha studiato proprio a Baltimora, suggerisce alcune chiavi di lettura, ancorché non esaustive: «Patologie pregresse, potrebbe scoprirsi che la nostra popolazion­e, ad una certa età, ne ha di più rispetto ad altri Paesi, almeno tre secondo lo studio fatto su oltre 5.000 cartelle cliniche. Ma anche le Rsa, che da noi sono state colpite dal virus più che altrove, con soggetti molto anziani. L’efficienza del sistema sanitario e il metodo di tracciamen­to, che da noi è saltato. E tanti altri fattori. Purtroppo i dati aggregati sono attendibil­i, ma non sono in grado di spiegare tutto».

L’epidemiolo­go

Ciccozzi: è probabile che tra i nostri anziani siano più frequenti le malattie pregresse

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