Colpito il cuore scettico d’America «Muoiono dicendo: non è il virus»
Dopo le città, la pandemia dilaga nel Midwest Un’infermiera: «Ci chiedono di dir loro la verità...»
«La cosa più tragica è vederli morire increduli: continuano a dire che il coronavirus non esiste anche mentre li sta uccidendo. Le loro ultime parole a volte sono: dimmi la verità, che malattia ho?». Lo sfogo di Jodi Doering, infermiera di un ospedale del South Dakota, arriva sugli schermi dei network televisivi dopo essere diventato virale sui social media. Ma storie simili, di incredulità e a volte anche di ostilità nei confronti del personale sanitario («levati quello scafandro: non sono contagioso, il Covid non esiste»), vengono ormai raccontate da medici e paramedici ovunque in America. O, meglio, ovunque nelle zone ora più colpite dall’epidemia, quelle che fino a ieri sembravano meno vulnerabili: gli Stati dell’interno, quelli meno popolati.
Lo sappiamo da tempo: l’America, dilaniata dai conflitti, si è divisa anche sul coronavirus. In questo caso, però, la diversa sensibilità sui pericoli del Covid-19 è legata, oltre che a fattori politici e ideologici, anche all’evoluzione di un’epidemia che all’inizio ha colpito soprattutto New York e altre metropoli democratiche come Houston e Los Angeles, mentre la recrudescenza estiva ha interessato gli Stati della dall’Arizona alla Florida. Gran parte dell’America repubblicana — quella rurale e dei piccoli centri urbani, il Midwest, il «profondo Sud», le Grandi pianure, le Montagne Rocciose — era stata colpita dal virus marginalmente, a parte isolati focolai come alcuni mattatoi. Questo ha reso meno sensibili ai rischi del virus i cittadini di vaste aree del Paese, più preoccupati per le conseguenze economiche della pandemia che per la patologia in sé: una malattia che non aveva colpito le loro famiglie nè quelle di amici e parenti.
L’impennata delle ultime settimane cambia radicalmente questa «geografia dell’allarme»: la moltiplicazione dei contagi e anche dei casi gravi — quelli che richiedono il ricovero — porta molti ospedali ai limiti del collasso e a pagare il prezzo più alto sono proprio le comunità rurali. In America l’epidemia galoppa al ritmo di 150 mila contagiati e circa mille morti al giorno e stavolta, in rapporto alla popolazione, le zone rurali e le città con meno di 250
Il video su Cnn L’infermiera Jodi Doering ha raccontato le difficoltà di curare pazienti molto gravi che non credono di essere stati contagiati mila abitanti sono quelle con un numero di malati (60 su 100 mila abitanti) quasi doppio rispetto ai 35 contagiati dei grandi centri urbani.
Ed è un quadro solo parziale perché in alcune parti del Paese i controlli sanitari sono quasi inesistenti come dimostra il fatto che in Stati come i due Dakota un paziente testato su due risulta positivo, mentre in altre regioni siamo comunque sopra il 25%. Bisognava intervenire prima, ma solo ora governatori repubblicani che rifiutavano misure
Nov come l’obbligo delle mascherine corrono ai ripari: succede in Iowa, Ohio, West Virginia. Cambia rotta in North Dakota anche il duro Doug Burgum: «Le cose sono cambiate, dobbiamo cambiare anche noi».
Ripensamenti tardivi: l’America che fin qui ha considerato un gesto virile rifiutare la mascherina sprofonda — da El Paso in Texas alle pianure del Nord e Sud Dakota, passando per Wyoming, e Iowa — in un’emergenza che diventa rapidamente dramma perché queste regioni hanno pochi ospedali, oltretutto non attrezzati per affrontare epidemie. E soffrono anche di carenze di personale che spingono istituti in difficoltà a far tornare al lavoro anche medici e infermieri positivi al coronavirus, mentre altri centri clinici ormai al collasso avvertono che, se i contagi continueranno a crescere, dovranno razionare le cure mediche: cioè abbandonare al loro destino i pazienti più gravi.
Mentre in molte contee tornano i famigerati camion frigoriferi usati per accatastare cadaveri che le sopraffollate sale mortuarie non riescono a smaltire, le autorità cercano di assorbire l’onda dei ricoveri trasferendo i pazienti più gravi negli ospedali delle grandi città, meglio attrezzati e con una capienza maggiore. Ma ormai anche molte metropoli sono al «tutto esaurito» e il personale sanitario è esausto. Molti medici e infermieri non se la sentono di vivere un altro inferno come quello dello scorso inverno: vanno in pensione in anticipo o, addirittura, cambiano mestiere.
Le zone più infettate adesso sono quelle che sembravano meno vulnerabili